“Una settimana difficile” si disse.
Polemiche, minacce e proteste, la decisione di chiudere la squadra in un ritiro preventivo, per far decantare il più possibile la piazza, un accorgimento più che una vera punizione, per raccogliere idee e compattare il gruppo. Di Francesco ha saputo trasformare un momento delicato in un’occasione, recuperando tutti o quasi.
Già con il Frosinone si è avuta l’impressione che la Roma avesse trovato la sua dimensione, che il Mister, dopo tanti esperimenti avesse trovato finalmente la pozione magica da dare ai suoi per scendere in campo ed in un certo senso così è stato.
Abbandonato, – almeno per il momento – l’affezionatissimo 4-3-3, Di Francesco scopre un mondo nuovo, la coppia De Rossi/N’Zonzi è la prova più evidente di come il metodo “sperimentale” (ovvero, per tentativi ed errori), sia ad oggi quello più efficace.
Quasi con le lacrime agli occhi, scorrendo velocemente la formazione, l’occhio cade su due giocatori e il cuore va in affanno: Florenzi in avanti trequartista di destra, una nota positiva che rimette il Tecnico in pace con il Mondo, una prova di carattere, il solito Alessandro che corre su e giù, ma con convinzione e sicurezza senza il pensiero di lasciare qualche posizione scoperta, la tensione un po’ lo assale, ma nell’economia del match è una garanzia.
Santon: e le nubi offuscano per un momento i pensieri positivi, ma confutando il famoso detto “una rondine non fa primavera”, l’ex Inter conferma la buona prova disputata contro il Frosinone, entra in clima Derby soffrendo il giusto solo Savic e Lulic e solleva finalmente Florenzi dal ruolo di terzino, ordinato e attento, un giocatore riscoperto dalla Roma a cui proprio il tecnico romanista sembra aver ridato nuova vita, sperando non si tratti di un fuoco di paglia, c’è da fargli le scuse più sentite per averlo lasciato solo e abbandonato (per partito preso) in quel di Ciampino, dal canto suo, ripaga la fiducia mostratagli da alcuni tifosi durante gli allenamenti a porte aperte, con l’impegno e la promessa di farsi trovare pronto, ad oggi una bella sorpresa.
C’è da essere cauti però, la Roma ci ha abituati da sempre a grosse delusioni, forti slanci e ricadute disastrose, tempo fa’ parlai di una Roma bipolare, ed il disturbo, diciamocelo, non guarisce mai del tutto…
Il 4-2-3-1 che sancisce la rincorsa della Roma, e quello di oggi, non poteva non essere il match da cui ripartire.
Manolas-Fazio-Santon-Kolarov, venti minuti iniziali dove a gestire la palla pare essere la Lazio e dove la difesa giallorossa viene chiamata agli straordinari, Marusic ed Immobile scombinano per un momento i piani di Olsen, anche se è un black out di Fazio a mettere K.O. il portiere svedese, servendo ad Immobile la palla del momentaneo 1-1 e senza essere troppo severi,ma almeno obbiettivi, una parte di responsabilità è da imputare anche all’estremo difensore che continua a rimanere troppo sulla linea di porta.
Il 3-5-1-1 di Inzaghi viene sgretolato da una Roma molto più convinta, la squadra di Di Francesco prende le redini del gioco e non molla più, riscopre un pressing efficace, alto e lineare macinando metri e arrivando agevolmente in porta, il rischio del contropiede però, in una squadra organizzata come la Lazio è reale e il tecnico giallorosso richiama spesso le linee per creare superiorità numerica in difesa, la sorpresa diventa la precisione nei rimpalli che favoriscono le ripartenze giallorosse.
Pastore prende le misure, si porta dietro Parolo e Acerbi, fa appena in tempo ad impegnare Strakosha per poi lasciare il campo per un risentimento muscolare…e comincia lo show.
Entra Lorenzo Pellegrini e la Roma accelera in modo impressionante: segna con uno spettacolare gol di tacco l’1-0 del vantaggio romanista, in un parapiglia in area biancoceleste che vede in una serie di rimpalli l’occasione che il giovane romano trasforma in gol. L’1-0 al 45′, viene accolto male da Lulic e compagni e, nonostante nella ripresa Inzaghi decida di schierare un modulo a specchio, la Lazio trova solo la forza di rubare il tempo ad un Fazio un po’ imbronciato, per poi concludere con confusione e scollamento.
Perspicace, educato e tranquillo, Lorenzo affronta la Lazio come fosse un’amichevole all’oratorio, nella ripresa colpisce il palo, si guadagna la punizione, trasformata poi da Kolarov nel 2-1 e serve l’assist sulla testa di Fazio per il definitivo 3-1.
La Roma chiude una pratica scottante nel miglior modo possibile, scacciando fantasmi e venti di guerra.
In questo sabato di fine settembre, a completare una prestazione netta e perfetta, il ritorno di un giocatore che in realtà non aveva mai abbandonato la nave: Alexander Kolarov, il cecchino che alla chiamata risponde SI, un proiettile preciso alle spalle dell’estremo difensore biancoceleste, l’ex che non si tira indietro, l’ex che non guarda al passato ma solo al presente, l’ex che esulta, urla e si mostra al suo pubblico in tutto il suo splendore, questo è il simbolo della rinascita, il simbolo di una squadra che richiama a sé quanto gli spetta e forse, e dico forse...il simbolo dell’uomo che si prende qualche soddisfazione…un vizio nella Roma, questa necessità di mostrare i denti, senza falsi moralismi o finta riconoscenza.
La Roma ha bisogno di questo, una lezione a chi, in questi giorni non ha saputo aspettare.
Laura Tarani