“Come mai tifi Lazio? Ma la squadra di Roma non è la Roma?” Quante volte le vostre orecchie avranno sentito pronunciare questa frase. Ecco spiegato, in dieci punti che ripercorrono un po’ la sua storia e le sue tradizioni, come mai un tifoso si dovrebbe avvicinare al club biancoceleste.
1. La prima squadra della Capitale Ebbene sì: la Lazio è la prima squadra della Capitale, nonché uno dei club più antichi d’Italia. Fondata il 9 gennaio 1900, esattamente a Piazza della Libertà da nove atleti romani guidati dal sottufficiale dei bersaglieri Luigi Bigiarelli, vanta ben 116 anni di storia. Per non creare confusione con la già esistente Società Ginnastica Roma, si pensò a qualcosa di più grande della Capitale e si scelse Lazio in quanto il nome deriva dall’antico Latium Vetus, la zona dove nacque la città che per secoli sottomise il mondo fino ad allora conosciuto. La Roma, invece, è nata nel 1927 dalla fusione di più club alla quale la società biancoceleste non volle piegarsi. Quando sentirai dire che la Lazio non è di Roma perché ha il nome di una regione, ricorda sempre quanto detto sopra e che ”loro” (i cugini giallorossi) sono venuti molto dopo.
2. I colori del cielo – “I colori saranno quelli della bandiera greca”. Così il fondatore Luigi Bigiarelli si rivolse ai suoi amici mentre decideva di dar vita alla società (inizialmente solo podistica). Il culto della storia e della tradizione è uno dei temi che più sta a cuore ai tifosi: i colori del cielo, bianco e celeste, scelti appunto in onore della Grecia, hanno da sempre rappresentato l’ideale dell’antico spirito olimpico. La maglia, fin dalle origini, ha avuto molte varianti nel design ma il bianco e l’azzurro hanno fatto sempre da padroni.
3. L’aquila è Roma – Nella storia romana antica l’aquila rappresenta il simbolo del potere di Roma, dell’Imperatore e dell’Impero. Icona di Giove, padre di tutti gli dei e dell’esercito, essa identificava la supremazia dell’Imperatore di Roma in quanto capo dell’esercito e Pontifex Maximus. Orgogliosa e mai doma, l’aquila conferisce alla Lazio quell’aspetto regale che la differenzia dalla Roma. Allo stadio Olimpico, oggi, prima di ogni partita casalinga possiamo assistere al volo di una vera aquila, Olympia: se compie il giro di curve e tribune correttamente e si poggia sul suo piedistallo, la Lazio vincerà quella partita. Tante volte il simpatico rapace ha deciso di rimanersene sulla copertura dello stadio e si è dovuto ricorrere ai pompieri, ma questa è un’altra storia.
4. La Lazialità Il tifoso della Lazio è un eterno non allineato e non omologato al sistema, sostanzialmente un idealista. Va controcorrente, ha un modo tutto suo di vedere il calcio. La squadra vince a fatica? Una ragione in più per tifarla! E alla sofferenza è preparato, temprato: vincere facile non è vincere da Lazio, la Lazio sceglie sempre la strada più tortuosa e in salita. Sostenere la Lazio non è come tifare Juve o Milan: è una sorta di gran teatro del tifo dove convivono melodramma ed esistenzialismo, tragedia e commedia, cialtroneria e cose matte e disperate. La Lazio ti forgia l’animo, ti rende una persona migliore capace di affrontare qualsiasi cosa nella vita. Non a caso è gemellata con l’Inter.
5. I trofei Nella sua storia calcistica, la Lazio ha conquistato 6 Coppe Italia, 2 Scudetti, 3 Supercoppe italiane, 1 Supercoppa Uefa, 1 Coppa delle Coppe e 1 Coppa delle Alpi. E’ la squadra romana che in Europa ha vinto di più e, come amano ricordare i tifosi ai cugini giallorossi, Guerino Gottardi ha conquistato più trofei di Totti.
6. La Lazio dei -9 La Lazio inizialmente retrocessa in C, poi condannata alla permanenza in serie B con 9 punti di penalizzazione a causa del calcio scommesse, affronta il campionato 1986-1987 con molte difficoltà e arriva all’ultima partita casalinga contro il Vicenza con l’obbligo di vincere per poter accedere agli spareggi. E’ questa LA partita per ogni laziale. In un caldo infernale il 21 giugno 1987 e in uno stadio Olimpico stracolmo, gli uomini di Fascetti attaccano incessantemente ma trovano nel portiere vicentino Dal Bianco un muro invalicabile. Quando tutto sembra finito, nella disperazione generale, a una manciata di minuti dalla fine, un tiro sbagliato di Podavini finisce sui piedi di Fiorini che si gira e mette il pallone in rete. Segue un urlo infinito, un boato paragonato ad una scossa sismica che fa tremare l’intera città. In quell’urlo c’è la rabbia, l’orgoglio, l’appartenenza e l’amore di un popolo. Più che i due scudetti vinti successivamente, i laziali ricordano spesso quella partita e quel gol. La maglia dei -9, riproposta durante la scorsa stagione, è un vero e proprio must. Un pezzo di storia decisamente fuori dal comune.
7. La Curva Nord Covo del tifo biancoceleste, è il dodicesimo uomo in campo. Le coreografie partite da lì sono state molto applaudite da ogni parte del mondo; spesso il muro biancoceleste è stato in grado di portare la squadra alla vittoria. “Abbiamo non dei tifosi, abbiamo un intero popolo che ci spinge” ha dichiarato la scorsa stagione l’attuale tecnico Pioli. Al momento, però, la Curva è vuota a causa delle assurde restrizioni volute dal Prefetto e i giocatori si stanno lamentando parecchio di questa rumorosa assenza. Si spera di rivederla al più presto piena e colorata.
8. Il primo Scudetto La Lazio di Chinaglia e di Maestrelli. Ma anche di Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Frustalupi, D’Amico. Questa formazione i laziali se la ricordano tutti, anche a distanza di più di quarant’anni. Una banda di pazzi, quella: volavano pistole e gli allenamenti erano vere e proprie battaglie. Si dice in giro che la domenica i parastinchi non fossero obbligatori, mentre il giovedì nella partitella d’allenamento guai a dimenticarseli. C’erano due fazioni, lo spogliatoio era chiaramente diviso ma in campo i giocatori davano tutto e andarono a conquistarsi il primo tricolore della storia laziale.
9. Scudetto del 2000 Probabilmente la squadra che, ai tempi, ha offerto il miglior calcio d’Europa. “Rifatte l’occhi, stamo a giocà a pallone” urlava la Curva Nord ed era vero: la squadra di Eriksson, capitanata da un’icona come Sandro Nesta, ha conquistato con merito il primo Scudetto del nuovo millennio. Non, ovviamente, senza sofferenza e senza passare per un episodio folle: la Juve, a Perugia, sta ingiustamente soffiando il tricolore ai biancocelesti durante l’ultima giornata. A questo punto scende in campo addirittura l’Onnipotente: alluvione sul Curi, terreno impraticabile, Collina sospende la partita per un’ora, poi la ripresa su campo allagato e il gol di Calori che consegna lo Scudetto nelle mani dei laziali, in quel momento tutti raccolti al centro del campo dell’Olimpico tra lacrime e speranze. Uno Scudetto al limite dell’infarto, in perfetto stile Lazio.
10. Male che vada c’è sempre la Roma Qualunque momento depressivo stia attraversando la Lazio, qualsiasi ”sfiga” calcistica incomba dalle parti di Formello… succederà sempre qualcosa alla Roma che farà passare in secondo piano anche gli eventi più catastrofici. E’ uso, tra i tifosi biancocelesti, pronunciare la seguente frase “Menomale che ce so loro”. Perché il tifoso laziale è, prima di tutto, anti romanista.
Elisa Ferro Luzzi