Una carriera di trionfi e sconfitte per Dida, storico portiere con cui il Milan di Ancelotti si giocò due Champions League.
Insieme a Ronaldinho e Cafù, è l’unico giocatore ad aver alzato la Champions League, la Copa Libertadores, la Coppa del Mondo, la Copa America e la Confederations Cup.
Al contrario di ciò che si può pensare quando ci viene in mente il binomio “portiere brasiliano”, l’inizio di carriera di Nelson Dida fu tutt’altro che fortunato.
Il suo arrivo in Italia dal Brasile, patria di talenti, arriva nettamente in ritardo per un giocatore del suo ruolo: Dida infatti appena giunto a Milano aveva già ventisei anni!
In patria le cose andavano bene, il portiere si era affermato come grande talento e aveva militato in importanti squadre della lega brasiliana.
Nel Bel Paese a tradirlo, prima di tutto, fu una spinosa faccenda burocratica (non lontana da quella dei giorni nostri): la mancanza di un passaporto valido.
La pena fu severa e Dida venne sospeso dal calcio giocato per sette lunghi mesi, un’eternità per un calciatore. La parentesi rossonera non era neanche iniziata eppure per il portiere divenne da subito un vero inferno.
Dopo un periodo di tranquillità in Brasile per potersi riprendere dalla batosta mediatica, Dida riuscì ad entrare nelle grazie di Carlo Ancelotti, allenatore del Milan migliore degli ultimi anni.
Il portiere divenne il grande protagonista della Champions League disputata dai rossoneri.
Soprattutto fu il fuoriclasse assoluto della finale di Manchester, che fino all’ultimo a causa di un infortunio aveva temuto di non giocare.
Nelson Dida scrive la storia con il suo Milan quasi a fine carriera, parando con espressione gelida i rigori di perfetti sconosciuti come Trezeguet, Zalayeta e Montero.
Il Milan trionfa sulla Juventus all’Old Trafford e lo deve soprattutto al portiere brasiliano, che nella stagione successiva è ai vertici del calcio europeo.
Sfiora addirittura la top 10 per le candidature al Pallone d’Oro.
Il suo soprannome dal quel momento è Baghera la Pantera, grazie ai suoi interventi miracolosi che fanno dimenticare molte altre imprecisioni.
Eppure, nonostante la Champions League alzata sempre con il Milan ad Atene, arrivò lento ed inesorabile il declino di Dida.
Molti dicono che la fase calante cominciò da un episodio in particolare del 2005.
Durante i quarti di finale di Champions dalla curva dei cugini interisti volò un petardo che colpì Dida alla nuca. Il brasiliano non ebbe nessun tipo di problemi fisici legato all’incidente ma, nonostante ciò, le sue prestazioni si fecero altalenanti fino all’inverosimile.
Alternava papere clamorose ad interventi provvidenziali.
Finché c’era Dida in porta, il Milan non aveva garanzie.
Gli infortuni lo costrinsero sempre più spesso in panchina e le gerarchie vennero ridefinite: ormai Dida era un secondo.
Saluta il Milan nel 2010, forse con qualche rimpianto e poca autostima, e come aveva fatto già in passato lascia che sia la sua terra natale a curargli le ferite.
Eppure quell’avventura in rossonero aveva il sapore di cose in sospeso…
Sarà stato forse il destino a riportarlo di nuovo a Milano nel 2019, per intraprendere la carriera di allenatore e di preparatore dei portieri nello specifico.
Dopo un lavoro esemplare svolto con il Milan under-17, Dida viene promosso proprio in questa stagione a preparatore dei portieri della prima squadra.
Gianluigi Donnarumma, il futuro, e Nelson Dida, il passato.
Un connubio romantico che piace tanto ai milanisti.
Federica Vitali