L’ultima partita con Eusebio Di Francesco in panchina la Roma l’ha disputata mercoledì sera, quando dopo 120′ di gioco ha salutato la Champions League.
La decisione di un possibile esonero del tecnico a seguito di un ko circolava nell’aria capitolina dai giorni precedenti il match fatidico, ovvero quelli successivi alla sconfitta del derby.
La realtà dei fatti è che da inizio stagione, a ogni caduta giallorossa, la responsabilità è stata fatta puntualmente ricadere su di lui: un tecnico che fino a due giorni fa ha sempre messo la faccia in ogni occasione, ha parlato quando doveva e ha taciuto quando le parole sarebbero state – forse – fuoriluogo.
Così come ha deciso di fare dopo la sfida con il Porto: la conferenza stampa disertata, la decisione di evitare di commentare un match che – non è un mistero – è stato condizionato anche dagli episodi da Var. Dietro quella riflessione, avvenuta in solitaria sul pulman, si celava però qualcosa di più grande per Di Francesco.
La società stava decidendo cosa fare del suo futuro e di quello della squadra e lui, probabilmente, in cuor suo era cosciente di un finale già scritto e solo da annunciare.
Di Francesco ha pagato non solo per le sue colpe, ma per quelle di tutti.
In primis per un mercato che togliendo alcuni perni e innestandone altri – dei quali però nemmeno un terzo rivelatosi decisivo – ha creato delle crepe che tornano a riaprirsi troppo frequentemente.
Ha subìto le conseguenze di prestazioni inconcepibili: tra le ultime quella in Coppa Italia contro la Fiorentina, la stessa dell’ultima giornata di campionato; specie contro squadre di medio-bassa classifica che hanno condizionato il campionato fin qui giocato durante il girone d’andata.
E’ la solita storia che si ripete: il pegno in queste occasioni lo paga il tecnico.
Attenzione però a non dimenticare quanto fatto da Eusebio Di Francesco per questa squadra, presa in mano in una stagione successiva all’addio di Totti al calcio giocato e all’addio di un allenatore – Spalletti – che aveva lasciato sì la squadra in Champions, ma tra il malumore dei tifosi per il comportamento nei confronti dell’ex dieci romanista.
Eusebio è entrato, anzi, rientrato a Trigoria da mister in punta di piedi, senza la volontà o il desiderio di rilasciare proclami o calpestare le scarpe a chissà chi.
Ha iniziato a lavorare con la squadre trasmettendo il suo gioco e dando spazio ai giovani che non sono altro che il futuro oltre che il presente.
Ha portato i giallorossi a finire il campionato in terza posizione, con cinque punti di distacco dalla quarta Inter e con un totale di 23 vittorie, otto pareggi e sette sconfitte.
Ha fatto subire alla squadra 28 reti, rendendola la seconda migliore difesa dopo la Juventus campione, realizzandone ben 61.
Ha fatto tornare la Roma a collezionare successi in Europa, regalandole quello che nessuno, nessuno potrà dimenticare: il brivido di rivivere una semifinale di Champions e di sognare.
In estate si è visto smantellare la rosa, via Alisson, Nainggolan, Strootman… nonostante tutto non si è mai lamentato quando gli veniva criticato di non mettere in campo un gioco o un temperamento pari a quello passato a cui si era abituati.
Ha dato spazio, in una notte al Bernabeu, a un calciatore che tutti defivano un ragazzino e che oggi viene dagli stessi chiamato prodigio: Zaniolo. Lo stesso Nicolò adesso titolare, che ha salvato la Roma in più occasioni e che è seguito da le big di mezza Europa.
Soprattutto Di Francesco ha fatto a Roma un percorso di professionalità, umiltà, sacrifici, umanità, lavoro e rispetto, non un cammino scontato.
Ad oggi, ogni tifoso non può che dirgli grazie e aggiungere un immenso in bocca al lupo per le nuove avventure che, considerando il tuo potenziale non tarderanno ad arrivare.
Chiara Vernini