Una vita di stenti e il miraggio delle gang come via di fuga.
Una famiglia spezzata, con il dramma dell’alcoolismo e i continui interventi dei servizi sociali.
Eppure Bamidele Alli, ragazzino inglese di origini nigeriane che diventerà semplicemente Dele Alli, la stella del Tottehnam, riesce a svincolarsi da un futuro incerto e pericolo rincorrendo saldamente un sogno: quello del pallone.
Lo stesso che giocava per strada, in quel paesino del sud est dell’Inghilterra, dove per le vie ha detto di aver imparato a fare i tunnel.
Un sogno che inizia a prendere forma quando la madre, per consentirgli di diventare un professionista, lo affida al calciatore Harry Hickford, che vive tra l’altro in una zona più tranquilla, senza la presenza delle baby gang, e che inizia ad allenarlo.
Nel 2012, debutta nella prima squadra del Milton Keynes Dons a soli sedici anni, contro il Cambridge in FA Cup. La stagione successiva Dele si consacrerà il talento che è in quel 26 agosto del 2014 quando la sua sqaudra sconfigge il Manchester Uniter per 4 – 0.
Arriva la gloria e con lei la chiamata del Tottehnam, nel 2015, con la firma di un contratto quinquennale (in seguito prolungato sino al 2022) e una raffica di gol che gli valgono il titolo di Giovane dell’Anno PFA 2016.
Anche in Nazionale il suo debutto è di tutto rispetto, a Wembley contro la Francia, nella serata commemorativa degli attentati di Parigi. Scende in campo e segna.
Nel Mondiale di Russia con la sua Inghilterra non ha particolarmente brillato, a causa anche degli infortuni subiti.
In una recente intervista rilasciata all’emittente ES, Alli ha dichiarato: “Sono entrato nella compagnia sbagliata sin dalla tenera età. Il calcio è stato una grande distrazione dal percorso in cui stavo per imbattermi. Sono molto fortunato ad aver incontrato persone che mi hanno aiutato nei momenti difficili e mi hanno aiutato a diventare la persona che sono oggi. C’è ancora molto che la gente non sa di me, anche se molte persone pensano di conoscermi… ho imparato a non dare nulla per scontato. Avrò il calcio come lavoro, ma bisogna lottare per le cose nella vita”.
Lottare e crederci, anche quando è la strada più tortuosa e meno scontata.
Silvia Sanmory
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