Del Piero e Capello, Allegri e Dybala: quanto conta il rapporto con l’allenatore?

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Nel suo intervento a Sky Alessandro del Piero apre un punto interrogativo sul rapporto tra Allegri e Dybala: lui fu protagonista con Capello di quello che definiamo “rapporto contrastato” tra mister e giocatore

Non ha utilizzato tanti giri di parole Alessandro Del Piero ai microfoni di Sky, quando gli hanno chiesto dell’assenza di Paulo Dybala in Juventus-Inter: con la consueta intelligenza si è espresso centrando un punto che potrebbe essere fondamentale: “Mi aspettavo sì, che Dybala entrasse prima. C’è la necessità in lui e in Allegri di ritrovare un po’ di gioia. Tutte queste pressioni, tutte queste esclusioni…Non vorrei che l’avessero distolto dal suo tipo di gioco. Non è questione di essere carico: è questione di essere felice”.

Inevitabilmente chiara la chiave di lettura di queste frasi: checché se ne dica sullo stato di non forma del fuoriclasse argentino (su cui tra l’altro sono stati scritti fiumi di parole), Alex riporta tutto alla semplicità del gioco del calcio. A volte basta poco, basta avere la piena, indiscussa fiducia della persona che guida la tua squadra. Perchè la storia del calcio è piena di giocatori che hanno svoltato quando hanno trovato un mister pronto a scommettere su di loro, sempre, e di giocatori frustrati per tale mancanza. Ben lo sa Alessandro Del Piero, trovatosi in una situazione assai difficile con Fabio Capello: chi non ricorda il volto oscuro di Alex sulla panchina, l’atmosfera gelida tra i due, le parole dure che il numero 10 ebbe per Capello alla sua dipartita. Ecco, se Del Piero è arrivato a fare quelle considerazioni a proposito dell’ allenatore bianconero e del suo “dieci”, qualcosa necessariamente deve aver notato.

La gestione interpersonale non ha nulla a che fare con la bravura tattica di un allenatore. E’ qualcosa di più sottile, tra le righe: e quando ha successo, assistiamo a veri e propri capolavori come è accaduto a Bryan Cristante con Giampiero Gasperini. Sballottato dal Milan al Palermo, passando per Pescara e Benfica, Cristante era già stato bollato come un bluff clamoroso per poi approdare tra le mani dell’allenatore della Dea e diventare la sua punta di diamante in Europa League. Un giocatore ritrovato, un ragazzo sbocciato e cosapevole: come il brutto anatroccolo che diventa cigno.

Purtroppo nel caso contrario le ferite potrebbero addirittura essere insanabili: proprio lo scorso anno abbiamo assistito all’epilogo amaro del rapporto tra Allegri e Leonardo Bonucci. Quello stesso Bonucci che, nelle mani di Antonio Conte, si era trasformato nel cardine della BBC.

Noi non conosciamo le dinamiche nello specifico, ma ne vediamo le conseguenze, nel rendimento del singolo ma anche della squadra. Non si tratta di sentenziare consapevoli che non è nostro compito: eppure quando sentiamo affermazioni in base alle quali l’allenatore conta, nel rendimento dei suoi, relativamente poco, ci permettiamo quanto meno di dissentire. Concludiamo con un altro illustre esempio, Gianluca Vialli: la sua leadership, indiscutibile, esplose soltanto quando Marcello Lippi lo mise al centro della Juventus.

Daniela Russo