De Rossi e quel rifiuto: quando il gruppo non ha una guida

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Daniele De Rossi che si ribella alla sostituzione è l’immagine emblema della confusione e della disunione che hanno condotto la nostra Nazionale alla deriva

Le immagini e il labiale hanno parlato chiaro. Nel momento in cui viene chiamato a scaldarsi, Daniele De Rossi scatta. Con il viso acceso di rabbia sbotta: “Che cosa entro a fare? Non dobbiamo pareggiare, dobbiamo vincere!”, voltandosi eloquente verso Lorenzo Insigne per la seconda volta escluso dai playoff. Immagine forte che non sorprende, visto che anche all’ingresso di Insigne venerdì sera la panchina azzurra aveva manifestato evidente perplessità.

Il comportamento di De Rossi, uno dei senatori della Nazionale Azzurra, manda un messaggio ben chiaro agli addetti e ai tifosi. Gian Piero Ventura ha perso il bandolo della matassa ormai da tempo e soprattutto il gruppo si è disunito e non lo segue. La posizione così plateale assunta da Daniele suona come un vero e proprio ammutinamento da parte dello spogliatoio italiano, ancor più se espresso da uno dei veterani reduci dal titolo mondiale del 2006.

Ventura, ultima ruota del carro di questa Federazione Italiana obsoleta, inappropriata e grottesca, davanti a questa posizione ci rimette la faccia e la sua dignità: mediocre nelle scelte, pavido e mancante di personalità non poteva che soccombere di fronte al carattere forte e determinato dei vecchi di questa selezione. Una frattura del genere confonde e destabilizza i più giovani che a quel punto non sanno più chi seguire: i veterani o il commissario tecnico. Risultato? Il caos cui abbiamo assistito ieri sera in campo che, in verità, è soltanto la punta dell’ iceberg di questa disastrosa eliminazione.

Non ci sentiamo proprio di fare una paternale a Daniele De Rossi circa i comportamenti disciplinari e la necessità di sottostare alle decisioni dell’allenatore. Piuttosto appare evidente che, se è importante scegliere con criterio l’allenatore di un club lo è ancora di più selezionare un commissario tecnico costretto per ovvi motivi a lavorare in spazi e tempi più ristretti.

Un criterio che, è palese, la nostra Federazione non conosce.

Daniela Russo