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Davide Ruscitti, mister de I Piccoli Amici Ursus 1925: “È ora di cambiare mentalità sul calcio femminile”

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“Più piccoli sono e meglio è, perché iniziare da zero vuol dire dargli delle nozioni che si porteranno dietro per tutta la vita” la filosofia di mister Davide Ruscitti, 47 anni di Montesilvano (Pescara), preparatore dei portieri e portiere che, da qualche anno, ama crescere e far divertire i bambini sotto il segno del calcio. Sì, perchè lui è l’allenatore de I piccoli amici dell’Ursus 1925, la società più longeva di Pescara (basti pensare che la Pescara calcio nacque nel 1936). “I bambini piccoli si istruiscono, non si allenano. Sono un preparatore di portieri; ho avuto diverse offerte ma la gratificazione più grande è quella di stare in mezzo ai bambini”.

Davide, raccontaci un po’ della tua carriera sportiva…

Ho fatto tutta la trafila delle giovanili a Montesilvano fino ad arrivare a giocare in terza categoria. Poi ho fatto esperienze a Città Sant’Angelo, Civitaquana per poi tornare all”ovile’ e riuscire con la mia squadra, il Villa Carmine, dopo tanti anni a vincere di nuovo il campionato; la mia sesta volta in terza categoria.

Invece l’esperienza con I Piccoli amici dell’Ursus, quando è iniziata?

Tre anni fa le prime esperienze facendo il preparatore dei portieri dei bambini. Esperienza che da subito mi ha dato stimoli per continuare in questa direzione e così, due anni fa, presi il patentino da istruttore avendo modo di insegnare loro qualcosa. Il mio modo di fare mi porta a non pretendere nulla da bambini che hanno 5/6 anni; a quell’età non è possibile inculcare l’idea che qualcuno è un talento e qualcun altro no. Ognuno di loro ha delle potenzialità che vanno coltivate nel rispetto dei loro tempi; se insieme a questo siamo capaci di farli appassionare al calcio, allora si potrà andare avanti e crescere professionalmente. Approfitto per ringraziare la mia collega, calciatrice anche lei, Samantha La Mattina per il lavoro svolto.

Ora tocchiamo un punto dolente: il calcio e le donne…

Rapporto difficile anche se credo che, nel nostro caso, sia stato importante: affidare dei bambini così piccoli a una figura femminile preparata, che gioca a calcio, ha dato risultati eccellenti. Purtroppo non abbiamo bimbe tra i piccoli allievi e credo sia colpa della nostra mentalità. Basta andare più a nord e le cose cambiano: le bambine che fanno scuola calcio sono molto di più; se poi ci spostiamo nel nord Europa, il rapporto è alla pari. Purtroppo da noi è fortemente radicata la mentalità secondo la quale una bambina debba fare danza piuttosto che calcio. Faccio un esempio concreto: un mio collega del Villa Carmine, ha una figlia che sin da piccola si dilettava a giocare a pallone con il fratello; ora che ha 10 anni ha dovuto iscriverla a una scuola di calcio contro la volontà stessa padre proprio perchè una bambina. Io l’ho vista giocare e, per aver iniziato da poco, è davvero brava e ho consigliato al padre di lasciar perdere i pregiudizi e farla continuare. Ormai le cose sono cambiate, questo sport deve aprirsi alle donne e mi auguro, un giorno, che le famiglie attuali e la loro mentalità chiusa e retrograda, lasci il passo a genitori con mentalità più aperta. Visto che siamo in Europa, adeguiamoci anche sotto questo punto di vista.

Francesca Di Giuseppe