Davide Nicola e quel calcio metafora della vita
Quello di Davide Nicola è un un calcio che si fa portavoce di storie, oltre che di dati tecnici e statistici.
Quel Davide Nicola che con grinta e cuore è riuscito a far si che la sua Salernitana restasse in serie A. La classifica del girone di andata parla chiaro: solo 11 punti per la squadra campana. Ipotizzare la salvezza è quasi un sogno irrealizzabile per molti, ma non per il tecnico piemontese.
Davide Nicola sa cosa vuol dire lottare e rialzarsi nel momento in cui la vita ti mette di fronte alle prove più difficili da affrontare.
Come in quel tragico pomeriggio di otto anni fa, quando perse suo figlio Alessandro di soli 14 anni, investito da un pullman mentre era in bicicletta. Al cospetto di un dolore così grande, ogni altra difficoltà diventa superflua. “Ora io ho metabolizzato che Alessandro non sia più con noi e che c’è un tempo di vita per tutti. Ma so che lui mi ha insegnato più cose di chiunque altro”. Queste le sue parole in un’intervista rilasciata a La Repubblica. “Un tempo di vita”, espressione che ci invita a ricordare che siamo soltanto di passaggio su questa Terra e proprio per questo è nostro compito fare in modo che questo passaggio sia più bello possibile nonostante le difficoltà che potremmo incontrare.
Abbiamo la fortuna di essere testimoni di questo tempo di vita, in cui il mister ci mostra cosa vuol dire non arrendersi mai. Quella con la Salernitana non è la sua prima impresa. Altre due ce ne sono state rispettivamente con Torino e Crotone, che sommate a quest’ultima, gli valgono l’appellativo di “Mister Salvezza o Savior One”.
Di uomini così il calcio ha bisogno. Uomini che sanno prendere per mano i loro calciatori e spingerli fin dove neanche loro si aspettano di poter arrivare. Appassionato di fisica quantistica e dei suoi paradossi, mai soddisfatto, perseverante e sempre alla ricerca di emozioni forti che “mi liberano, mettono in atto dentro me un processo chimico che mi fa desiderare, volere, dare il meglio di me”.
Nicola inizia come calciatore nelle file del Genoa come terzino destro per poi approdare nella squadra del cuore, il Torino. Gamba e corsa le sue caratteristiche principali e non è difficile immaginarlo visti i tanti chilometri fatti avanti e indietro in panchina e le corse sfrenate post vittorie impossibili. Ma è come allenatore che si trasforma nell’uomo salvezza.
Subentra al posto di Ivan Juric nella panchina del Crotone al suo primo anno in serie A. I punti conquistati nel girone d’andata sono 9, ma piegarsi a un epilogo che sembra già scritto non è nei piani di Nicola. “Se ci salviamo vado da Crotone a Torino in bicicletta”. Prima “profezia” a cui ci abituerà l’allenatore piemontese.
Il calcio, metafora perfetta della vita, ci insegna che il destino è sia nelle nostre mani ma a volte capita che possa essere influenzato da circostanze che non dipendono esclusivamente da noi. L’importante è dare il massimo e poi si vedrà, del resto il pallone è rotondo. E per Nicola in quella stagione, così come in quella nel suo amato Torino fino all’impresa di Salerno, le circostanze si schierano a suo favore. Del resto si dice “Aiutati che Dio ti aiuta” e il tecnico sempre da subentrato, prima a Marco Giampaolo nella panchina granata e poi a Stefano Colantuono in quel di Salerno, il suo ce l’ha messo trasmettendo sempre ai suoi ragazzi la rabbia e l’orgoglio per reagire.
Al resto ci ha pensato il destino, Dio e suo figlio Alessandro. Quando la vita ti costringe a vivere un dolore così forte, in quel momento inizia la partita più importante e più dura: quella con te stesso. Nessuno ti ridarà indietro la persona amata, ma tu puoi continuare a tenerla in vita con forza. Quella forza che poi tiene in vita anche gli altri, in un continuo scambio di energia, che Davide Nicola considera parte integrante del nostro corpo.
Colei che alimenta i nostri pensieri di cui neanche noi conosciamo la potenza. Emblematica in questo senso è l’immagine durante Salernitana – Fiorentina quando si tolse la scarpa quasi a volerla lanciare ai suoi per spronarli a non mollare neanche un centimetro. Come farebbe un genitore.
Perché si sa, l’allenatore è un padre sportivo, una guida esterna alla famiglia ma che alla fine entra a farne parte. La percezione che si ha è che negli occhi dei tanti ragazzi che ha allenato e che allenerà, Davide Nicola troverà sempre qualcosa di suo figlio Alessandro.
Elisa Licciardi