Dal rigore di Chinaglia al gol di Calori: viaggio tra i ricordi biancocelesti

Viaggio attraverso ricordi tricolori... biancocelesti

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Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico.

Non una formazione ma una poesia, per gran parte dei tifosi biancocelesti.

Una di quelle che impari a memoria e ti accompagna per tutta la vita, nonostante molti (me compresa) non abbiano vissuto lo scudetto del ’74.

Il primo tricolore sulla sponda laziale del Tevere, conquistato da una squadra ricordata semplicemente come “Banda Maestrelli”.

Era il 12 maggio del 1974, la Lazio scendeva in campo contro il Foggia in uno Stadio Olimpico con più di ottantamila persone (si racconta che molti entrarono senza biglietto, non volendosi perdere l’ultima giornata in casa di un campionato straordinario). Per la Lazio nulla è stato mai semplice e la gara contro il Foggia non poteva essere da meno.

Lazio 1974
Official Twitter Maurizio Pistocchi

La squadra ospite cerca in tutti i modi di opporre resistenza ma il solito Chinaglia sigla la rete dell’1-0 su calcio di rigore, procurato dalla spalla Garlaschelli. L’anima di quella squadra cuce sulla maglia biancoceleste il primo tricolore della storia. Una storia che non avrebbe potuto avere un epilogo diverso: insperato, al cardiopalma, come solo la Lazio sa fare. Un traguardo raggiunto con la rincorsa, iniziata due anni prima dalla Serie B. Un’impresa che si raggiunge solo con lo spirito di squadra che Maestrelli ha saputo costruire intorno ai suoi giocatori, nonostante le tensioni fuori dal campo.

Il 14 maggio di 26 anni dopo, nell’anno del centenario, arriva il secondo tricolore in casa Lazio. Quello di cui ho nitida memoria. La squadra di Eriksson era forse tecnicamente la più forte di sempre. L’odore di scudetto era nell’aria già dall’anno precedente, quando il Milan riuscì a strappare il titolo alla Lazio all’ultima giornata di campionato. Ci riprova l’anno successivo, forte della vittoria contro il Manchester United di Ferguson che gli consente di portare a casa la Supercoppa Europea il 27 agosto.

L’obiettivo sfumato per un punto nella stagione precedente, questa volta deve essere centrato e la squadra biancoceleste sbaglia pochissimo in quella stagione, restando però sempre alle spalle della Juventus di Ancelotti, spedita verso la conquista del titolo.

All’ultima giornata, la Lazio è seconda a due punti dalla prima e gioca, vincendo 3-0, in casa contro la Reggina con le reti di Simeone, Simone Inzaghi e Veron. La Juventus è di scena a Perugia, colpita da un nubifragio che fa presagire addirittura la sospensione della gara per impraticabilità del campo. Il tempo scorre interminabile, nell’attesa di capire se la gara del Curi possa riprendere oppure no.

Collina, dopo un’attesa estenuante (anche troppo) lascia che la gara riprenda, mentre dal campo dello Stadio Olimpico ormai invaso dai tifosi, si cercava attraverso radioline e mezzi di fortuna di riuscire ad avere novità da Perugia.

Il boato arriva al 17° del secondo tempo, quando Alessandro Calori segna la rete dell’1-0 che consegna il secondo scudetto alla Lazio e lo rende, inconsapevolmente, un eroe al pari della formazione titolare biancoceleste. Così come la formazione del ’74, le parole di Riccardo Cucchi sono un mantra rievocato ogni anno, alla stessa ora, da ormai vent’anni.

In questo istante Collina dichiara concluso il confronto. Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000, la Lazio è Campione d’Italia!

Lazio 2000
Official Twitter Lazio Palembang

 

Lo stesso Cucchi dichiarerà, a carriera conclusa, di essere un tifoso laziale raccontando poi, a più riprese, le emozioni indimenticabili legate alla sua radiocronaca.

Sono state molte le analogie fatte tra i due scudetti della Lazio e la situazione attuale del calcio (con relativo piazzamento in classifica).

Quello che l’emergenza Covid ha sospeso, aveva tutte le caratteristiche dell’anno giusto. Una squadra inarrestabile, fortunata a tratti, spinta da una motivazione che la fa andare ben oltre le più rosee aspettative.

Non è escluso che, con l’ipotetica ripresa, si possa riprendere il cammino da dove si era interrotto. Anche se, duole dirlo, non avrebbe comunque lo stesso sapore.