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Da potenziale campione a esiliato in Cina la triste parabola di Pato, ragazzo d’oro con il Milan nel cuore

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Il talento è una fonte da cui sgorga acqua sempre nuova. Ma questa fonte perde ogni valore se non se ne fa il giusto uso – Ludwig Wittgenstein

Così come Icaro avvicinandosi troppo al sole, pagò a caro prezzo l’insolenza di sfidare gli dei precipitando rovinosamente al suolo, allo stesso modo tantissimi giovani talenti nel mondo del calcio, passano velocemente dalla popolarità e dall’essere celebrati a nuovi dei dell’Olimpo per poi cadere inesorabilmente nell’oblio. Il talento da solo non basta ma necessita di altre qualità come la costanza, l’umiltà, l’impegno, il sacrificio, la volontà di apprendere, la capacità di leadership e anche una buona dose di fortuna. Solo in questo caso può esprimersi a pieno generando campioni i cui nomi rimangono scolpiti nella storia.

Ragazzo d’oro

Il calcio è talento e fantasia, spettacolo per gli occhi di noi umilie seguaci. Il personaggio di questa settimana ha fatto innamorare milioni di tifosi con le sue giocate, che ancora diciasettenne lo portarono ad essere paragonato a dei dell’Olimpo come Careca e Ronaldo, salvo poi perdersi in quella dannata spirale da cui non è riuscito più a liberarsi. Alexandre Rodrigues da Silva, meglio noto come Pato, non ha bisogno di presentazioni: nel 2010 era considerato uno dei migliori giovani talenti del panorama calcistico internazionale. Tuttavia un elevato numero di infortuni ne ha limitato notevolmente il rendimento. Ora l’attaccante brasiliano è in forza al Tianjin Quanjian, squadra cinese allenata da Cannavaro, ma del ragazzo arrivato a Milanello con l’apparecchio ai denti e con scatti da centometrista non vi è più traccia.

Predestinato

Ancor prima di approdare nel calcio che conta, Paulo Roberto Falcão parlava così di lui: “Pato era già un potenziale campione a 16 anni, al tempo delle giovanili. Si vedeva che era diverso. Lui doveva imparare ancora quasi tutto, ma aveva colpi. Ha forza fisica, di testa è bravo, ha personalità”. Il 2006 è l’anno del suo debutto nel Brasileirão con la maglia dell’ Internacional,  il gol dopo due minuti nella partita di esordio fa capire a tutti che il ragazzo ha stoffa da vendere. Da qui in poi il Papero non si ferma più: quell’anno partecipa al Mondiale per Club dove diventa il più giovane marcatore in una competizione FIFA, togliendo il record ad un certo Pelé.

Come un fulmine

Il Milan non può lasciarsi sfuggire un talento del genere e nell’agosto 2007 se lo aggiudica  per la cifra di 22 milioni di euro. Pato diventa il giocatore minorenne più pagato nella storia, ma a Milanello tutti sono convinti che sia un giusto investimento: diventerà un campione. Le attese sembrano essere rispettate, nella sua prima stagione in Serie A (potrà giocare solo da gennaio 2008) colleziona 9 reti in 18 partite oltre a mettere a segno un gol al suo esordio con la Seleção. Nella stagione successiva il brasiliano si riconferma, migliorando il proprio score: 18 gol tra campionato e coppe. Tutti lo elogiano dicendo che è più maturo dei suoi 18 anni e che  vincerà sicuramente il Pallone d’Oro. Pato come un fulmine batte tutti record, brucia tutto quello che trova sul suo cammino: ora sappiamo che questo è stato solo l’inizio della fine.              (immagine da milanlive.it)

Incep-PATO tra infortuni e problemi fisici

Poteva andare meglio di così? No. Ma i guai sono alle porte, perché negli anni a venire il Papero pagherà a caro prezzo questa sua precocità. Nell’annata 2009-2010, il giovane attaccante comincia a fare i conti con gli infortuni: due mesi lontano dal campo per problemi muscolari. L’anno successivo sarà protagonista nella vittoria dello scudetto, tuttavia negli ambienti milanisti si incomincia a vociferare che il Papero abbia un fisico troppo fragile per un  campionato logorante come quello di Serie A. Il futuro diventa  meno roseo, le pressioni aumentano,  chi prima lo lodava diventa  più critico nei suoi confronti.

Le stagioni 2011-2012 e 2012-2013 sono un calvario per l’attaccante brasiliano: una lunghissima serie di infortuni, dieci per la precisione, e disputa solo 25 partite.  Non vuole più rischiare nei movimenti, ha paura e la mente, si sa, può giocare brutti scherzi:  il Milan diventa all’ improvviso il suo inferno. Tutti  d’accordo, Pato per riprendersi sia fisicamente che mentalmente doveva cambiare aria; fu un durissimo colpo per tutta la società e i tifosi milanisti che avevano visto in questo ragazzo d’oro, attaccato ai colori rossoneri, una futura bandiera.

Presente

Dall’addio al Milan nel gennaio 2013, la carriera di Pato è stata una continua e poco fruttuosa ricerca di riscatto: dalla parentesi in Brasile (tre anni tra Corinthians e San Paolo) al prestito al Chelsea  (appena due partite in sei mesi). Poi l’esperienza al Villareal (6 reti in 24 presenze),  infine l’approdo in Cina a gennaio 2017 alla corte di Fabio Cannavaro, dove gioca in questo momento. Al Tianjin Quanjian ha ritrovato un discreto livello di forma, siglando 17 gol nella sua prima stagione e 5 in quella ancora in corso. Nonostante la rinascita in Oriente, Pato all’età di 28 anni è un giocatore incompiuto. Un bellissimo Giotto lasciato a metà.

Nostalgia canaglia

A gennaio ai microfoni di una Tv cinese l’attaccante brasiliano ha ricordato con nostalgia gli anni felici al Milan: “Il Milan è la mia casa, il primo club dove ho giocato fuori dal Brasile, che mi ha dato la possibilità di vincere, giocare in Europa e con grandi campioni. Sono contento quando il Milan vince, sono un tifoso. Oggi sono in Cina e sto bene, ma se arrivasse una chiamata dal Milan o da un altro club in Europa ci penserei”.

Ah quanti sospiri da innamorata… Vorremmo fermarlo con le lacrime agli occhi e dirgli “Basta non continuare: non abbiamo sofferto abbastanza??!”: il cuore brucia ancora, come fosse una ferita ancora aperta. Mai ci fu meteora più dolorosa.

Maria Chiara Rossi

(immagine copertina da gazzetta.it)