Cresciuto nel Milan, nel vero senso della parola.
Ha indossato la maglia rossonera fino all’esordio in Serie A ad appena 19 anni.
Mai titolare ma con umiltà quando è stato chiamato in causa ha sempre dato il suo contributo: ha segnato (basti pensare che con 10 reti, è il marcatore più prolifico nella storia del Milan in UEFA Europa League), ha sudato per quela maglia, l’ha sempre onorata e amata.
Patrik Cutrone è un pezzo di Milan.
Tesserato alla tenera età di 8 anni. Ha giocato in pianta stabile nelle giovanili rossonere, arrivando a realizzare ben 136 reti con la Primavera (il bomber più prolifico di sempre nella storia della società rossonera per quanto concerne il settore giovanile).
Nel 2017 viene aggregato in prima squadra e il il 21 maggio 2017 esordisce in massima serie.
L’anno successivo sfodera il suo talento e il suo innato fiuto per il gol e scalza o meglio rimpiazza le mancanze di André Silva e Nikola Kalinic: totalizzerà 18 reti e da futuro del Milan si impone nel presente o meglio così si auspicavano in molti affascinati da quel giovane bomber che si ispira e ricorda Pippo Inzaghi.
Ma, chiuso da Higuain prima e Piatek poi, al contrario di quanto ci si potesse aspettare trova sempre meno spazio.
Questa volta a interrompere la liaison tra Patrik e il Diavolo è la necessità del club di generare plusvalenze.
Cutrone diventa sacrificabile. Finisce sul mercato e ha le valigie pronte, anzi ha quasi prenotato un volo direzione Wolverhampton.
Una cessione che fa male
Fa male perdere un figlio del Milan.
Fa male riconoscere di dover lasciare andare un attaccante di prospettiva e rischire di vederlo sbocciare definitivamente altrove.
Fa male dover fare a meno del suo attaccamento alla maglia, di quel cuore che batte per i colori rossoneri.
Fa male molto male prendere atto della pochezza di un club glorioso che arriva a svendere i propri gioielli.
In un calciomercato in cui le cifre dei calciatori sembrano lievitare di sessione in sessione, i 18 milioni che il Diavolo dovrebbe incassare dal club di Premier sembrano spropositati per un ragazzo -ancora giovane- che da subentrante è stato capace di realizzare 27 gol in un paio di stagioni dimostrando anche -scusate se è poco- la personalità da big.
Per esigenze di bilancio da una parte e per non essere un’eterna riserva: dopo dodici anni in rossonero è il momento dei saluti.