Cutrone e gli altri gol di mano. Nonostante il VAR

0
290

Nonostante l’introduzione del VAR alcuni episodi restano dubbi e altri non sono visionati

In area di rigore accadono gli episodi più importanti di una partita di calcio. In pochi attimi e in un groviglio di gambe, di braccia, di rimbalzi, di calci, di salti, di trattenute, la palla può finire in rete e solo la moviola può stabilire chi e come ha fatto gol. Pochi attimi e tanta confusione rendono, spesso, le azioni da gol poco chiare all’occhio umano e spesso i falli non sono visti né dagli arbitri né dai giocatori. Un altro dubbio riguarda la volontarietà o meno dei falli che il VAR, ovviamente, non riesce a decifrare.

Questo è quello che è accaduto durante la partita Milan-Lazio di domenica scorsa, quando il tocco di mano di Cutrone non è stato visto in campo e per il quale non è intervenuto il VAR. Solo le immagini rallentate, diffuse in seguito dalle regie televisive, hanno evidenziato l’irregolarità del gol rossonero ma, ormai, la rete era stata convalidata e non è stato possibile tornare indietro.

In questo campionato ci sono stati altri episodi simili in cui i gol sono stati convalidati anche con l’intervento del VAR. Facendo un passo indietro, ci sono altri due casi di gol dubbi per tocco di mano.

Roma-Cagliari 1-0, gara del 16 dicembre 2017: In pieno recupero, durante un’azione d’attacco della Roma, il portiere del Cagliari esce a vuoto e Fazio (aiutandosi forse con un braccio) stoppa la palla e la manda in rete. In questo caso è subito stato chiesto l’intervento video e l’arbitro Damato ha convalidato il gol, scatenando l’ira dei tifosi rossoblù che fino a quel momento avevano in tasca un buon punto conquistato in un campo difficile come quello dell’Olimpico.

Napoli-Atalanta 1-2, gara del 2 gennaio 2018: Papu Gomez segna il gol del momentaneo 0-2 aiutandosi (forse) con un braccio. Il gesto non è stato visto in campo e solo un fermo immagine diffuso in seguito ha mostrato il fallo.

Sotto accusa resta l’infallibilità della nuova tecnologia e una sua sbagliata interpretazione da parte degli arbitri, perché alla fine l’ultima parola spetta a loro.

Gisella Santoro