Con quelle fattezze e quegli occhi verdi sembra essere appena uscita dalla Primavera del Botticelli.
Ma Cristiana Girelli è attratta da un tipo d’arte che non è quella delle tele.
Forse perché a soli 4 anni guardava già Roberto Baggio compiere prodezze in maglia azzurra. Quello stesso di cui oggi indossa il numero di maglia: un numero che solo i fuoriclasse vestono e del quale non sembra avvertire il peso.
Lo mostra quella stessa leggerezza con cui, il 14 giugno, mette a segno una tripletta con la maglia azzurra e raggiunge così Carolina Morace.
Roberto Baggio, per una giovane nata a Brescia,
è una sorta di reliquia vivente.
Il papà è un appassionato – è anche presidente di una squadra, per hobby – e Cristiana cresce in questo mondo appannaggio dei maschi, abituandosi a tirare calci al pallone insieme ai ragazzini.
Fino a 14 anni è così; giocare con quelle del suo stesso sesso sembra quasi un’ eresia. Tanto che quando quelli del Bardolino Verona la notano, alla loro proposta risponde, non senza un pizzico di supponenza:
«Guardate che io a giocare con le femmine non ci vengo».
Una tipetta niente male insomma.
Mamma e papà non si scoraggiano e – forti della loro amorevole autorità – riescono a convincere Cristiana che il calcio femminile è la strada giusta da intraprendere, visto che di lì a poco, superata la prima adolescenza, il confronto con i ragazzi sarebbe diventato impietoso dal punto di vista fisico anche per una come lei, abituata a essere da sempre la più forte.
Così, abbandonata la A.S.D. Rigamonti Nuvolera dove ha sperimentato l’esperienza mista, la sua carriera di bomber si dispiega tra il Bardolino Verona e il Brescia: con la prima per nove stagioni e un bottino di 148 presenze, 67 gol per un totale di 4 scudetti, 3 Supercoppe italiane e 3 Coppe Italia; con la seconda per cinque stagioni, un totale di 119 presenze, 99 gol con relativi due scudetti, due Coppe Italia e 4 Supercoppe.
Poi, nel 2018, la Juventus.
Proprio con la maglia della Juve ha vissuto l’esperienza di uno stadio – anzi, di uno Stadium, l’Allianz – con la S maiuscola: è accaduto per Juventus-Fiorentina, con circa 40 mila persone a fare il tifo.
«Non volevo più uscire dal campo. Ho pianto, e anche parecchio. Quando ho fatto la borsa per uscire dallo spogliatoio
ho pensato ai miei colleghi maschi,
a quanto sono fortunati a vivere una cosa del genere ogni settimana».
Nello stesso stadio la Juventus festeggerà in un unico bellissimo evento lo Scudetto maschile e quello femminile nel 2019: un evento che mette per la prima volta sullo stesso piano i meriti e le fatiche di due squadre che vestono la stessa, identica maglia.
Cristiana Girelli, dal 2013 in Nazionale, è una delle veterane azzurre che hanno realizzato il meraviglioso sogno chiamato Mondiale.
Lei ha subito risposto ‘presente‘.
Con le sue unghie dedicate al Tricolore, la scelta di caricare la squadra al suono gioviale della Macarena, con il pallone che ha portato con sè dopo la tripletta alla Giamaica.
“Quando penso al calcio mi viene subito in mente il profumo di erba bagnata e il rumore dei tacchetti, quando si esce dallo spogliatoio”.
Farmacista mancata per il momento – l’esempio di un padre pesa, ma “troppo impegnativa per conciliarla con il calcio” – gelosa della sua femminilità che nulla ha a che vedere con gli stereotipi voluti dal mondo maschile, Cristiana da brava senatrice ha vissuto e vive un momento di rivoluzione nel calcio femminile italiano.
Un movimento che sicuramente all’estero è cominciato prima: per la Girelli la tentazione di andare a giocare altrove è stata forte.
Oggi non ci pensa più, con quella ‘dieci’ che fu del Divino Roberto portata con orgoglio e onore, ricordando “tutte le volte che la indosso, quante persone vorrebbero essere al mio posto”.
Il suo appello prima dell’inizio della competizione era stato chiaro:
“Sosteneteci. Vi abbiamo dimostrato che siamo brave, abbiamo tenuto alto il nome del nostro Paese, stateci vicino.”
Si guarda intorno e non può non essere soddisfatta di aver fatto parte delle apripista, in un certo senso. Di quelle che hanno spianato la strada a tante bambine che oggi, invece che la danza, scelgono il pallone.
Passo dopo passo si progredisce, malgrado i Collovati, i Tavecchio, i Belolli: per una che è abituata sin da piccola a vedersela con il ‘sesso forte’, non può esserci soddisfazione più grande.
In fondo, quel giorno in cui ha infine deciso di andare a giocare con le ragazze, è stato per lei l’inizio di una grande storia.
Daniela Russo