Ah, da quando Senna non corre più…
Ah, da quando Baggio non gioca più…
Così Cesare Cremonini cantava Roberto Baggio anni fa ricordandone la grandezza calcistica e la capacità di riempire le domeniche (sportive e non).
Cremonini, nella nuovissima veste di direttore artistico del celeberrimo magazine Vanity Fair, si trova proprio faccia a faccia con quel giocatore che ha popolato una delle sue canzoni.
Un incontro tra uomini che – in maniera del tutto differente – hanno l’abitudine di regalare emozioni e sogni al loro pubblico.
Come per il cantautore testi e musica sgorgano di sogni che partono da se stesso e che vuole farci scoprire, allo stesso modo per il numero 10 quei sogni hanno guidato tutta la sua carriera sul campo da calcio.
“I sogni sono nelle mani di chi ha il coraggio di sognare ed è disposto ad assumersi responsabilità e difficoltà pur di inseguirli e realizzarli. E io, per inseguirli, ho sottoposto le mie povere ginocchia a un super lavoro”.
Così si presenta Roberto a questo Cremonini in nuova veste, aprendo così la sua anima al cantante e presentandosi sullo stesso “terreno di gioco”: quello delle emozioni provate con il calcio e regalate, sempre con il calcio.
Il tema delle emozioni è il filo conduttore che si dipana durante tutta l’intervista, che pure tocca temi importanti, come il Covid…
“Oltre al dramma della malattia, della morte, c’è anche la condizione della vita che viene quasi sospesa, limitata: non potersi salutare con un abbraccio, nemmeno con una stretta di mano…”.
… E l’immancabile Buddhismo:
“Questa meravigliosa pratica buddhista per me è stata anche una grande palestra di disciplina, determinazione, coraggio, fantasia e armonioso ritmo”.
Ma sempre le emozioni si riprendono prepotentemente la scena nel momento in cui Cremonini confessa che Baggio è fonte ispiratrice non solo di “Marmellata #25”, ma anche di “Nessuno vuole essere Robin”.
Un testo che – come lo stesso Cesare precisa – nasce dall’idea che tutti abbiamo di voler essere dei “perfetti numeri 10”, ma poi ci scontriamo con il nostro personale “rigore di Pasadena”.
E dobbiamo poi fare i conti con quegli errori, senza per questo rinnegare le nostre intenzioni.
Secondo Cremonini, il segreto di Baggio sta nell’essere riuscito proprio a far questo.
Baggio – che per Cesare è il Lucio Battisti del calcio – si sofferma poi su questioni squisitamente calcistiche.
Una in particolare, quel rapporto con i tifosi che sia crea e che rimane:
“Non voglio dire che non importano i trofei, alla fine giochiamo tutti per vincere, ma non è solo quello, non può essere solo quello. Vedere la luce negli occhi di tanti appassionati quando ricordano un tuo gesto, un tuo comportamento, una tua giocata: questo riempie il cuore. E rimane per sempre”.
E sugli allenatori, entrambi concordano: oggi sono più importanti di una volta.
Ma una cosa non cambia:
“Il calcio è e rimarrà dei calciatori. Gli allenatori più bravi sono quelli che lo riconoscono e sanno trattare con onestà il calciatore, sanno parlargli. Guardiola sa riconoscere l’intimo, l’essenza del calciatore, perché nutre un rispetto totale per ogni singolo giocatore”.
Che, tradotto, significa che per Baggio Pep è il migliore.
Il calcio è davvero dei calciatori, quelli come Roberto Baggio che dallo scrigno della loro infinita fantasia tirano fuori anche gli spartiti musicali. Ben lo sa Cesare Cremonini, ben lo sappiamo noi.
Noi, nostalgici di quel numero magico seppur imperfetto ( nel fisico o nella mente, poco importa), capace di brividi ineguagliabili. Amanti di un calcio dove il cuore e l’anima contavano più delle ore passate in palestra per macinare record su record.
Da quando Baggio non gioca più tante cose sono diverse.
Ma Il Divin Codino resta, indelebile.
Grazie anche all’opera di Cesare Cremonini.
Daniela Russo