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Covid, quale futuro per le squadre di provincia?

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Covid, quale futuro per le squadre di provincia? Il caso Lombardia

Da circa un anno e mezzo gli stadi e i palazzetti si trovano senza pubblico, ma lo Sport va avanti comunque.

La Serie A prosegue, nonostante gli stadi vuoti, ma ricordiamo che il calcio non appartiene solo ai Big.

Il calcio non è solo diritti, esclusive, sponsor.

In quella che è diventata ormai una macchina di produzione ci dimentichiamo spesso e volentieri di chi ne è (stato) cuore e polmone.

Il calcio è anche – anzi soprattutto – quello dei bambini che giocano nelle squadre di provincia  con il sogno di diventare calciatori professionisti.

calcio di provincia Codogno

Squadre che da più di un anno lottano per rimanere a galla nei propri campionati minori e giovanili.

A Codogno, per fare un esempio, località di 15.000 situata nel basso lodigiano, da dove è partito tutto, ci sono tre squadre di calcio: una – il Codogno – gioca nella categoria di Eccellenza, riuscendo a proseguire il proprio campionato, le altre due invece fanno fatica a ricominciare.

Ma lo Stato cosa ha fatto a riguardo?

Ci sono stati due bandi, uno regionale e uno a livello nazionale, rivolti a tutto lo Sport in generale, ma considerando che solo nella regione Lombardia esistono circa 1000 squadre calcistiche, le società partecipanti erano tante, e purtroppo non tutte sono state accontentate.

Chi è riuscita ad aver accesso ai fondi ha solo in parte rimediato ai debiti.

A Ottobre, quando sarebbero dovuti ricominciare i campionati, la Lombardia ha deciso di bloccare tutto, lasciando le squadre a gestire le spese già pagate, le iscrizioni ai campionati mai iniziati (il campionato 2019/2020 si è giocato fino a Febbraio, mentre il campionato 2020/2021 – già pagato – non è mai partito), cartellini di giocatori mai scesi in campo (per i ragazzi sotto i 18 anni costano 20€ l’uno, 30€ per gli adulti), e visite mediche.

A Febbraio hanno dato il via ad un nuovo fondo, ma ancora una volta le squadre rimaste scoperte si ritrovano a fronteggiare gravi difficoltà economiche.

Per quanto riguarda la gestione delle squadre, i più giovani (ragazzi che frequentano le medie o le superiori) hanno fatto ancora più fatica in quanto con la DAD non riuscivano a sostenere anche gli allenamenti.

Per gli “adulti” (parliamo di giovani che frequentano l’Università o lavoratori) il problema era lo smart working e le varie lezioni online, che impediva di rispettare gli esercizi proposti dagli allenatori.

Discorso inverso invece per i più piccoli, quelli delle elementari, che sono stati forse i più colpiti da questa pandemia. Questi bimbi sono quelli che hanno seguito con molto entusiasmo insieme ai loro genitori e ora che hanno ripreso gli allenamenti sul campo, sono  pronti a cominciare a correre dietro al pallone durante le partite.

Il calcio è una fabbrica di sogni, e questi giovani campioni del futuro hanno il diritto di sognare di vestire le maglie di Milan, Inter, Juve, e di giocare negli stadi più importanti d’Italia, perchè il Covid avrà anche messo in ginocchio lo Sport in generale, ma non ha interrotto il desiderio dei bambini.

Lo Stato però dovrebbe fare ancora di più.

Perchè ricordiamo, il Calcio oggi sarà anche una azienda, ma se non aiutiamo a far crescere le squadre di provincia, quelle che ancora si battono fra mille interperie a trasmettere valori sani, a far conoscere il significato vero della competizione, della disciplina, quelle che ancora insegnano che il gioco del pallone è gioia, unione, se non aiutiamo i più piccoli a coltivare i proprio sogni in modo concreto, un giorno ci ritroveremo a ricordare il gioco del calcio, quello di Baggio, Del Piero, Maldini, Zanetti, Totti come una voce di un verbo al passato.

Invece pensiamo al qui e ora. E a quello che sarà e che dovrà essere. Ancora e per sempre.

Perché il calcio nasce dalle periferie, mai dagli hotel di lusso.

 

Jessica Boffelli

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