Cosa resterà di Euro2020: i ricordi di un Europeo

Euro 2020 si è appena concluso con la vittoria dell'Italia e siamo già qui a ricordare quello che ci ha maggiormente lasciato

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Fonte immagine Twitter ufficiale Euro 2020

Euro 2020 si è appena concluso, sotto il cielo di un’estate italiana.

Perché – inutile dirlo – abbiamo ancora la testa piena di immagini di bandiere, di clacson che strombazzano, di piazze di nuovo ricolme per festeggiare dopo 53 anni la vittoria degli Azzurri.

La vittoria dell’Italia. 

Abbiamo vissuto un mese di dubbi, di scetticismo, di emozione, di sogni che non osavamo sognare. Poi  si sono materializzati partita dopo partita, prendendo forma ieri sera poco prima della mezzanotte. 

 

È stato l’Europeo della Rinascita ( o #Rinascimento, nuovo hashtag) del nostro calcio.

È stato l’Europeo del dramma e della paura vissute da tutti per Christian Eriksen in quel pomeriggio di sabato 12 giugno. Mentre  la Danimarca si accerchiava a proteggerlo, non potevamo credere di assistere a un’altra tragedia.

È stato il Campionato degli squilli di Patrick Schick, a ricordare  il suo valore, dell’ultimo canto malinconico di Loew alla guida della Germania, della delusione terribile della velleitaria Turchia.

È stato l’Europeo che ci ha ricordato ancora quanto sia grande Luka Modric, e quanto sia ambizioso Cristiano Ronaldo: ma entrambi senza il supporto giusto non hanno ottenuto quello che volevano.

L’Europeo che ha punito la supponenza transalpina attraverso il coraggio della Svizzera.

L’Europeo delle lacrime di Matthijs de Ligt che si assume la responsabiltà della sconfitta, del fratelli Hazard insieme in Nazionale, della intrepida Ucraina di Tassotti e Shevchenko.

Del coraggio di Alvaro Morata, nonostante tutto, perché i calciatori sono prima uomini e la famiglia è un bene da proteggere. 

Su Alvaro Morata e le minacce ricevute sui social

È stato l’Europeo che ha premiato l’umiltà, il coraggio, la spregiudicatezza di una squadra che partiva senza ambizioni dopo il fallimento di tre anni fa. Che si è trovata a realizzare ciò che due ragazzi della Sampdoria, molti anni prima, non avevano realizzato.

Che ci ha raccontato di quanto può essere grande un ragazzo di 22 anni, e non solo perché è alto due metri.

Che ci ha rivelato che la sfrontatezza di Bonucci a volte fa bene.

Che ci ha amareggiato per le lacrime di Spinazzola, ma solo per un attimo perché lui senza sorridere non ci sa stare.

L’Europeo che ha “punito” la presunzione di chi crede di aver già vinto. Di chi ignora il rispetto per l’avversario.

Ma soprattutto è stato L’Europeo del ritorno alla gioia vissuta in gruppo, quella che solo il calcio riesce a generare. 

E mi perdonerete se in questi giorni non si parlerà di assembramento, ma solo di gente che ha bisogno di stare insieme. 

 

Daniela Russo