Nel sole e nel vento, recita Amala, l’inno che descrive l’Inter esattamente per quello che è. E per capire cosa significa, fatevelo raccontare da quelli che di sole ieri a Roma ne han visto davvero poco e che nel vento e nella pioggia hanno sfidato tempesta e allerta meteo per andare a supportarla lì dove, ancora una volta, era chiamata a dare risposte.
Risposte certo meno severe di quelle alle quali era stata chiamata a rispondere nella famosa notte del gol di Vecino, meno austere e determinanti ma che senza dubbio potrebbero determinare la stagione di entrambe. Nella fattispecie l’Inter si ritrovava a dover superare una di quelle grandi prove che cannare sarebbe pressapoco deprimente. E gli interisti sanno bene ciò al quale facciamo riferimento, perché quella reattività immediata di reazione alle sconfitte, uno dei più grandi sintomi delle squadre in salute e che spesso in passato era venuta meno, era stata uno dei peggiori tabù persino dell’Inter di Spalletti che aveva promesso bene sin dall’inizio per poi lasciarsi opprimere da quel fatiscente periodo che da dicembre a febbraio dello scorso anno aveva lasciato temere un altro epilogo stagionale fallimentare.
Da quell’Inter-Parma è trascorso soltanto un mese e mezzo eppure, malgrado la Benamata abbia sempre supportato la teoria del buon Trap secondo la quale “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, si può tranquillamente parlare di un’Inter che di quel match si porta il solo strascico dei tre punti persi, un’Inter matura e solida, mentalmente soprattutto. Malgrado sia forse troppo presto per dar giudizi – come direbbero in molti – ieri la squadra ha fornito quelle risposte che un po’ tutti gli interisti fremevano per avere, risposte che al netto della classifica non possono essere svilite.
Il filotto di vittorie continuato persino nel derby, partita solitamente considerata a sé per la peculiare aura che si trascina dietro, era stato bruscamente interrotto in quel di Barcellona in quello stadio qualunque chiamato Camp Nou. Stadio tanto qualunque da diventare campo di smantellamento persino dei Campione d’Europa caduti ben cinque volte sul terreno catalano. Dopo la sconfitta a Barcellona che sarebbe stata più che giustificata se non fosse per la prestazione dei nerazzurri, lontana da quel che ci si auspicava e troppo deludente in termini di approccio che aveva fatto mormorare Spalletti in primis, quella di ieri sera all’Olimpico sarebbe potuta essere, e lo è stata, una garanzia di una maturità finalmente raggiunta.
Vincere per voltare pagina sull’ultimo risultato di UCL, dando dimostrazione che andare oltre il singolo episodio l’Inter può e sa farlo, era quello che si chiedeva alla squadra neanche troppo tacitamente. E così è stato con la complicità della Lazio, andata in black out per gran parte del primo tempo, salvo poi riprendersi nel secondo quando i nerazzurri hanno allentato la presa concedendo qualcosa in più alla compagine di casa lasciatasi definitivamente affondare dalla doppietta personale di Icardi nonché tripletta nerazzurra del match, che al 70’ chiude definitivamente tutti i conti, consegnando per diritto i tre punti ai nerazzurri saliti a quota 22 punti piazzandosi al secondo posto a pari meriti del Napoli e a sole due spanne dalla Juve capolista.
90'+4 – Finisce qui! Sesta vittoria consecutiva in campionato per l'Inter, che sale al secondo posto in campionato!#LazioInter 0-3 pic.twitter.com/iRgkg6WgQY
— Inter (@Inter) October 29, 2018
Un risultato che sorprende parecchio, specie per il copione con il quale è stato recitato, in quello spettacolo in cui il grande assenteista è il gruppo di Inzaghi che non ha fatto nulla per evitare un così preponderante predominio straniero.
Risultato sorprendente pur sempre meno della titolarità di Joao Mario totalmente a sorpresa che ha surriscaldato non poco gli animi poco prima del fischio d’inizio.
Joao Mario e l’applauso atteso tre lunghe stagioni
Prestazioni deludenti e tantissima panchina, alle volte senza alcuna motivazione concepibile, la parentesi in Premier e quelle dichiarazioni che hanno destato più indignazioni e polemiche degli errori più volte commessi clamorosamente sotto porta, il non riscatto da parte del Club inglese e le offerte troppo irrisorie al fronte dei cospicui 40 milioni profumatamente investiti, hanno in qualche modo costretto la dirigenza nerazzurra a prenotare un biglietto di solo ritorno per Linate. Ritornato in rosa dopo l’avventura al West Ham, il portoghese non aveva ancora mai trovato spazio nell’undici di Spalletti, e a dirla tutta, era pure passato nel dimenticatoio persino di chi a Milano alle prime lo aveva pure accolto e acclamato. A non dimenticarsene, per forza di cose, proprio Spalletti che ogni giorno in stretto contatto con il numero 15 ha potuto, evidentemente, cogliere sfumature di crescita che dal di fuori sconosciute e ignorate fino a ieri sera quando l’uomo, che sulla panca seduto ci sta poco e niente, lo ha piazzato sulla trequarti: all’Olimpico, contro la Lazio. Una sfida che Spalletti ha deciso di voler rischiare e che in pochi, diciamocela tutta, avrebbero rischiato, probabilmente sbagliando – chi sa – all’infinito.
Sbagliando e di grosso perché ieri Joao Mario ha fatto molto meglio di quanto fatto da Borja contro il Barca, e se di vero c’è la sostanziale differenza tra i due rivali, altrettanto sostanziale è stato anche la prestazione del portoghese che ha totalizzato l’88% dei passaggi riusciti nei primi 45 minuti, percentuale più alta di tutto il reparto offensivo. Dati che fanno parecchio piacere al diretto interessato ma anche ai tifosi che al 55′, al momento del cambio, lo hanno applaudito a gran voce. Un applauso atteso tre lunghe stagioni perché quella di ieri è stata la miglior apparizione del numero 15 finora in maglia nerazzurra. Ma se è vero che non è mai troppo tardi, Joao è ancora in tempo per fare dietro front e iniziare a pedalare per dimostrare che tutto è possibile, persino trasformare i fischi in applausi così come si auspicava e così come successo ieri a Roma.
I soliti noti Mauro Icardi e Marcelo Brozovic
Oltre Joao Mario un plauso va, per forza di cose, agli ormai soliti noti Mauro Icardi e Marcelo Brozovic, autori delle tre reti. Il primo – come già detto – l’ha aperta e chiusa, firmando un altro successo nell’ennesimo scontro tra centravanti, il secondo che oltre a riproporre la nuova epica mossa del coccodrillo segna dalla distanza il secondo score stagionale.
Dopo l’annichilimento di Gonzalo Higuain nel derby, grazie al certosino lavoro difensivo, il numero 9 nerazzurro ha avuto la meglio pure su Ciro Immobile con il quale nella scorsa stagione ha condiviso il titolo di miglior marcatore. Il primo goal nasce dalla solita impeccabile visione di Ivan Perisic che la mette in mezzo dove trova l’uomo dalla presa certa Matias Vecino che, la prende ma la serve a Maurito che dopo essersi perso l’attimo poco prima non può sbagliare superando Strakosha non nella sua giornata migliore.
A completare quanto fatto dal capitano ci pensa il croato tutto fare che a Barcellona ha dato il meglio di se, dimostrando ancora una volta quella che potremmo tranquillamente definire Brozo-dipendenza a centrocampo. Ieri il 77 ha imbastito la solita ottima prestazione, sublimata dalla splendida rete che di forza, grinta e precisione dal limite dell’area ha sorpreso Strakosha affondando la rete nell’angolino basso a sinistra a qualche minuto dalla fine del primo tempo.
La musica non cambia nella ripresa e malgrado un leggero calo di ritmo spazio che ha concesso qualcosina in più agli avversari, il predominio nerazzurro ha continuato a sciorinarsi fino al 90′, predominio suggellato dal tris calato a venti minuti dalla fine sempre dal solito Mauro Icardi che sfrutta un suggerimento di Borja Valero freddando l’estremo difensore albanese e l’Olimpico che ammutolito vede trionfare un’Inter che ancora una volta sottrae, oltre che punti, certezze.
Egle Patanè