San Edin da Sarajevo…
Normalmente non mi piace scomodare il Sacro per questioni sportive, ma visti i tentativi di un’altra nota squadra della Capitale di ingraziarsi i favori della Chiesa, direi che il miracolo stasera è stato fatto alla Roma.
Vittoria per 2-3 sul Frosinone, una partita che di buono può contare solo sul risultato finale, conquistato con la rabbia che solo l’attaccante giallorosso poteva mostrare quando tutto lo Stadio ormai era pronto ad accogliere come una Manna dal Cielo un pareggio insperato e tantomeno previsto.
Tre punti che lasciano la Roma in corsa per il quarto posto, ad una lunghezza da un Milan che, partita dopo partita, sta diventando sempre più pericoloso.
Verrebbe da chiudere qui i commenti su questo match: una Roma abulica, svogliata e priva di appeal che soffre contro un Frosinone mai vincente in casa, che prima va in vantaggio dopo soli quattro minuti dal fischio d’inizio grazie ad uno “svarione” di Nzonzi, per poi riprendere il vantaggio maturato dalla Roma e portarsi su un due a due che ha fatto sperare la formazione di Baroni fino al 95′.
Liberatorio il gol di Dzeko, come la corsa sotto il settore ospiti, come il gesto verso i tifosi avversari rei di averlo insultato per tutti i 90′, come il grido di De Rossi che scaccia ancora una volta i fantasmi di una prestazione al di sotto di ogni aspettativa.
Un gol…un risultato, nulla più di questo, perché nel calcio alla fine è quello che conta.
Baroni ripropone la stessa formazione schierata contro la Juve, eccezione fatta solo per Beghetto preferito a Molinaro, puntando su un 3-5-2 che vede la coppia Ciano/Ciofani in avanti; un attacco più snello e leggero con il supporto di un centrocampo importante con Cassata e Beghetto a dirigere le manovre.
Di Francesco schiera a sorpresa un 4-2-3-1 riportando in formazione un Perotti non ancora al meglio e rinunciando a Zaniolo e Cristante in vista del derby di sabato contro la Lazio.
Il Monito mostra tutta la ruggine che si porta dietro dalle troppe assenze inanellate in questo campionato, la partita parte subito male e nonostante l’impegno stavolta non riesce ad essere decisivo, l’affiatamento con Kolarov non produce i risultati sperati; i due si annusano ma sembrano non riconoscersi ed il nervosismo non aiuta nella costruzione del gioco.
Il serbo purtroppo paga lo scotto di un’eccessivo impiego in campo, sempre presente sempre sull’attenti e ultimamente in quella difesa che pesa troppo per un corridore come lui, vorrebbe volare lì davanti ma la troppa arrendevolezza dei compagni di reparto frenano la sua naturale verve. Sbaglia, pasticcia e si incarta su se stesso, perde il tempo su Zampano, rischia su Ciano e nel secondo tempo replica su Pinamonti, senza le giuste garanzie a lungo andare anche una roccia come lui si sgretola alla prima raffica di vento.
Male, male, molto male Nzonzi.
Il francese annaspa, colpevole dell’assist involontario per il gol di Ciano, manca come l’aria la personalità di Strootman e da solo anche il povero De Rossi manda in bambola tutto il centrocampo. Si redime nel finale recuperando il pallone che porterà alla vittoria, ma non restituisce mai alla squadra quella sicurezza di cui dovrebbe essere il portavoce.
Una Roma spaccata in due: propositiva dal collo in su, completamente slegata e senza spirito dietro; lunghissima e quasi logorroica nel cercare di recuperare palloni che poi puntualmente perde, inefficace nei contrasti e impaurita nella gestione del pallone. In difesa Santon e Marcano svettano per inefficacia e – non me ne vogliano i gialloblù – solo grazie alle imprecisioni ed alla poca affinità con il gol degli avversari, non rischiano di essere esclusi a vita dalla rosa giallorossa.
Ci vogliono 30 minuti per arrivare al primo moto d’orgoglio giallorosso; ed è Dzeko a portare sull’1-1 un risultato che fino a quel momento più giusto non poteva essere. Un giocatore da incensare, 30 minuti in cui anche l’attaccante sente il bisogno di andare personalmente a prendersi il pallone nella propria metà campo; corre, si fa rincorrere, crea scompiglio e cerca il contrasto nell’uno contro uno sfondando anche sul povero Goldaniga, è sempre lui un minuto dopo a servire un bel pallone per El Shaarawy, deviato da Sportiello che crea l’assist per Pellegrini.
Ditemi: non è questo il giuoco del calcio?
La squadra di Eusebio chiude un deludente primo tempo in vantaggio, portandosi dentro gli spogliatoi tutte le incertezze e le nevrosi di un Campionato particolare ma ne esce ancora più confusa, con la convinzione di aver chiuso la partita.
I 45′ che separano la Roma dalla fine del match confermano l’aria pesante che si respira a Trigoria da troppo tempo: invece di riportare il gioco su un piano più accettabile, la squadra della Capitale rischia di tornare a casa con un pugno di mosche. Continuano le imprecisioni e ancora una volta l’idea di uno schema tattico di riferimento sembra dissolversi minuto dopo minuto.
Di Francesco prova a scuotere i suoi dopo l’infortunio di Manolas, l’unico nella difesa giallorossa a tenere alta la guardia ed a coprire gli errori dei compagni, un atteggiamento che gli risulterà fatale, una distorsione alla caviglia che con molta probabilità gli costerà il derby ed il ritorno con il Porto. Proprio a lui, che vive di queste sfide al cardiopalma e che sicuramente a vederle da fuori, gli provocheranno ripetute aritmie cardiache viste le alternative a disposizione.
La reazione arriva al 95′ e stavolta è El Shaarawy a servire una palla d’oro al bosniaco che con il fianco la butta dentro, un’altra perla rara, l’unico insieme a Dzeko a non aver perso il pallino del gioco, l’unico a crederci fino in fondo, fino a quell’assist decisivo.
Laura Tarani