Succede, se ti chiami Atalanta, che alla fine dell’andata del girone sei a 0 punti e al ritorno invece ti qualifichi agli ottavi di Champions League.
Cosa accaduta solo al New Castle nel 2002/03.
Succede, se ti chiami Atalanta, che ti bastano solo 7 punti e poco importa se nelle prime tre partite hai subìto tante reti.
Succede, se sei la Dea: quella che corre più veloce di tutte, quella che ha abituato la propria tifoseria a non porsi più limiti da quattro anni a questa parte, quella con un allenatore che – veramente – sembra trasformare in oro tutto ciò che riguarda Bergamo.
Succede quando la Dea si libera da ogni ansia di dimostrare a tutti i costi di essere all’altezza di quella Champions conquistata tra l’incredulità generale la scorsa stagione e gioca dando il tutto per tutto, consapevole di non avere proprio nulla da perdere.
Come una debuttante al ballo che riesce a attirare su di sè gli sguardi compiaciuti di tutti.
Perché è bella, sempre coraggiosa, diversa da tutte le altre italiane – quasi più simile a un’anglosassone come filosofia – perché alla fine ti pungola e ti fa male, come ha ammesso lo stesso Pep Guardiola:
Giocare contro l’Atalanta è come andare dal dentista.
In questo sogno chiamato Champions ci è voluta stare fino alla fine e poco importa se mancavano gli uomini punta, come Zapata e Ilicic. E sappiamo come i bergamaschi patiscano l’assenza del loro faro.
L’Atalanta è sempre pronta a inventarsi una soluzione, tirando fuori le prestazioni eccellenti di Pasalic e di Malinovskyi, con un Capitan Gomez che oramai è il simbolo inamovibile di questa incredibile squadra.
🔥 HISTORY MAKERS 🔥@Atalanta_BC tra le 16 squadre migliori d’Europa 🤯 GRAZIE RAGAZZI!!!
We’re one of the 16 best teams in Europe 😱 THANK YOU GUYS!!!#UCL #GoAtalantaGo ⚫️🔵 pic.twitter.com/o4yNpwULbE— Atalanta B.C. (@Atalanta_BC) December 11, 2019
E allora alziamoci tutti in piedi per questa GranDea: una squadra che ha quel dono meraviglioso di appassionare le folle – anche quelle di altro tifo -, una squadra che continuerà a accendere le luci di San Siro.
Una squadra della quale, qui in Italia, possiamo tutti essere fieri, almeno un po’.
Daniela Russo