Re Carlo, inarrestabile e inafferrabile, vince la quinta Champions da allenatore ed entra nella leggenda del calcio, zittendo anche qualche detrattore
Ops!… He did it again!
Manita, cinquina, schiaffo. In qualsiasi modo la si chiami o la si indichi, la quinta Champions League da allenatore, consacra (semmai ci fosse ancora qualche dubbio) e consegna alla leggenda del pallone Carlo Ancelotti.
Il suo Real Madrid ha atteso che il Borussia Dortmund si sfiancasse per colpirlo due volte in meno di dieci minuti e fare ancora spazio nella bacheca dorata dei suoi trofei.
Sì, i Blancos hanno dei campioni forgiati come campioni (all’allegra brigata, si unirà presto Mbappè) ma si sa, anche i campioni hanno bisogno di una guida e in questo, Re Carlo è garanzia assoluta.
Chewingum onnipresente, sopracciglio in evidenza, concentrazione, determinazione, sangue freddo.
Uno smooties goloso che crea una certa dipendenza ormai, perché cinque Champions non sono certo robetta, perché è intellettualmente onesto dire che un allenatore come Ancelotti non è fortunato poiché allena dei fuoriclasse, perché è chiaro che essere vincenti derivi dal diventare vincenti con fatica, dedizione e forse, giusto un pizzichino di fortuna (non quella assoluta e totale addotta come motivazione aliena dai detrattori).
Re Carlo ha vinto. Lo ha fatto ancora a modo suo, con i suoi giocatori, i suoi campioni, il suo metodo, la sua testa e non certo con la sua presunta fortuna.
Ha trionfato nella Liga con 10 punti di vantaggio sul Barcellona, ha conquistato la Champions League, l’ennesima della storia del club.
Cos’altro dovrebbe fare questo signore, che diciamo la verità, ha toppato veramente poco nella sua carriera, per non essere più oggetto di sterili critiche da parte di tifoserie d squadre, poche, dove non ha fatto faville?
Forse nulla, o forse sì, qualcosa può fare.
Continuare su questa strada ancora e ancora, con quella insostenibile leggerezza dell’essere un vincente, tanto cara a lui e tanto invisa a chi del pallone capisce poco quanto nulla.
Vincere è uno lavoro sporco ma qualcuno dovrà pur farlo, vero Re Carlo?
Simona Cannaò