“Senti il dono, quella qualità che ti ha regalato Dio alla nascita.
Poi con il lavoro si migliora la parte tecnico-tattica”.
Parola di Antonio Oliveira Filho, Careca per tutti, attaccante venerato ancora oggi dai tifosi azzurri che lo ricordano quando, insieme a Maradona, formava una coppia dalla perfetta intesa agonistica, grazie alla quale il Napoli vinse la Coppa Uefa nel 1989 e lo Scudetto nel 1990.
Proprio la Coppa Uefa contribuì a rafforzarne il mito quando si seppe che nella finale di Stoccarda era sceso in campo con 40 di febbre e nonostante tutto andò a rete consentendo così ai partenopei di vincere il primo trofeo internazionale della storia del club.
Considerato tra i più forti attaccanti della sua generazione, ha vestito la maglia azzurra per sei stagioni, 164 partite e segnato 73 gol, infiammando la tifoseria napoletana che inneggiava alle sue “bombe” inarrestabili.
Nato a Araraquara, piccola città del Brasile, sin da piccolo Antonio corre dietro ad un pallone per i campi e per le stradine, improvvisando partite con palloni di fortuna. Di quel periodo Careca ricorda soprattutto la mancanza di una tattica e il calcio come espressione di un semplice insieme di capacità.
Ha 15 anni quando dopo un provino viene reclutato nel Guarani e qui grazie alla struttura e allo staff tecnico, perfeziona le sue qualità e vince il campionato brasiliano ad appena diciassette anni.
Nel 1983 Careca firma con il San Paolo: basta dire che nella sua prima stagione su venti partite che gioca, segna 17 gol, raggiungendo Zico nella classifica dei migliori marcatori.
E’ il Capodanno del 1987; Corrado Ferlaino, in vacanza in Brasile, vede in tv i gol di Careca. Una folgorazione per il presidente del Napoli che lo acquista nella primavera successiva.
Veloce, potente, creativo, Careca grazie alla sua doppietta contro la Juventus nella finale disputata a Napoli nel settembre del 1990 assicura al suo club anche la prima vittoria in Supercoppa italiana.
Dopo l’addio al Napoli nel 1993 e un passaggio nel campionato giapponese, Careca ritornato in Brasile dopo l’addio al calcio giocato allestirà una sqaudra giovanile a Campinas mettendo a frutto la sua capacità di talent scout.
Silvia Sanmory