Caos Inter: dal “ballo di Simone” al “ballo delle incertezze”

L’Inter di Simone Inzaghi non è infatti ancora giunta al punto di non ritorno, ma ci si sta avvicinando molto

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Fonte: Profilo Instagram Inter

Come si evita un disastro annunciato? Solo una persona può rispondere a questa domanda al momento. O meglio, solo una persona può evitare il disastro, al momento.
L’Inter di Simone Inzaghi non è infatti ancora giunta al punto di non ritorno, ma ci si sta avvicinando molto. E chi può, e soprattutto deve, risollevare la squadra è proprio il mister nerazzurro.

Perché può farlo? Perché il problema principale di Inzaghi ora è “solo” riacquistare la fiducia persa nel corso della passata stagione e mai ritrovata in quella attuale, anzi totalmente smarrita. Nella prima metà dello scorso campionato l’ex tecnico biancoceleste ha dimostrato di essere in grado di guidare l’Inter senza troppe difficoltà. La vittoria della Supercoppa italiana e della Coppa Italia difatti non possono esser state poi solo un’illusione. Il gruppo c’è e se vuole funziona. Un gruppo diverso rispetto a quello dello scorso anno ma, guardando il bicchiere mezzo pieno, il peso delle perdite non può essere considerato superiore all’importanza dei nuovi acquisti.

Perché deve farlo? Perché al di là di quanto appena detto è inevitabile addossare principalmente a lui la responsabilità della situazione che si sta vivendo in casa Inter. Parlare di responsabilità più che di colpa è forse (ancora per un po’) più adatto, poiché dare a qualcuno la colpa di qualcosa implica che sarà poi molto più difficile rimediare. E Inzaghi per sua fortuna l’opportunità ed il tempo a disposizione per rimettere a posto le cose ancora ce l’ha. Non molto a quanto pare, ma abbastanza per provarci senza il timore e senza la paura che invece l’hanno accompagnato finora.

Timore e paura che abbiamo visto riflesse negli stessi giocatori. È come se i fantasmi di quel mancato scudetto ogni tanto tornassero a bussare alle porte nerazzurre, e ad accoglierli ci fosse qualcuno non in grado di lasciarsi alle spalle i rimpianti. Il problema è quindi prima di qualsiasi altra cosa mentale. Sembrerà banale ma, purtroppo, è così.
Purtroppo, perché uscire da un momento emotivamente difficile può a tratti essere più complicato che recuperare da, ad esempio, un infortunio. In questo ultimo caso nel 90% dei casi si conoscono modi e tempi di recupero, nel primo invece fare previsioni è più complicato.

Ed è proprio per questo motivo che si respira tanta incertezza. Nessuno sa darsi risposte e nessuno riesce a togliersi i dubbi. Inzaghi dentro o fuori? La cosa più facile sarebbe gridare all’esonero, la cosa più intelligente però è saperne valutarne i rischi. Il primo rischio, più intuibile, è di natura economica: Inzaghi è legato all’Inter fino al 2024 e alla società questa mossa non conviene. Il secondo rischio è riassumibile con una frase semplice ma efficacie: “chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quello che lascia ma non quello che trova”; prima di pensare a far fuori Inzaghi si dovrebbe studiare bene un eventuale sostituto. Il terzo rischio riguarda la compattezza della squadra. È vero, tra Inzaghi e i giocatori dell’Inter qualcosa non sta funzionando, ma togliere adesso la persona su cui grava il destino della squadra vuol dire non provare nemmeno a sistemare le cose e creare ancor più confusione.

D’altra parte, c’è anche da dire che c’è bisogno di un cambio di rotta immediato, viste le sfide che i nerazzurri dovranno affrontare al termine di questa sosta e prima della successiva. Già a partire da sabato nel match contro la Roma si potrà intuire se i pezzi stanno pian piano tornando al loro posto o se la strada si mostrerà ancor più in salita. Tasto dolente sono gli infortuni, ma chissà che non siano l’occasione per rinnovare alcune scelte e lasciar spazio a chi ancora è troppo nell’ombra (vedi Asllani). Nel secondo caso, sarà quello il momento di valutare la scelta più drastica, non prima di allora.

Qualcuno cantava “Se fai come Simone, non puoi certo sbagliar”. Forse non aveva poi così ragione, ma c’è ancora (poco) tempo per ricredersi.

Romina Sorbelli