Il calcio ha bisogno dei suoi “ultimi romantici”: intervista a Simone Tiribocchi

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Calcio Ultimi Romantici - Simone Tiribocchi

Da qualche anno, fra le tante pagine social che parlano di pallone senza freni e senza sosta, in modo veloce, compulsivo, frenetico, come lo è – d’altro canto – il calcio contemporaneo stesso, è possibile trovare una realtà che quel pallone invece ama coccolarlo, assaporarlo. Una realtà che di quel pallone tanto amato, tanto discusso, guarda il lato più genuino. In una parola: romantico. Sono i ragazzi del Cur – Calcio Ultimi Romantici di cui Simone Tiribocchi ne è fiero Brand Ambassador.

L’ex calciatore, attualmente collaboratore dell’AC Monza, ha abbracciato il progetto e il 31 maggio lo vedremo in campo, allo stadio Benito Stirpe di Frosinone insieme a tanti altri… ultimi romantici!

Contattato dalla redazione di Gol di Tacco, il Tir ha spiegato come si è avvicinato al progetto di Calcio – Ultimi Romantici:

Il progetto è arrivato da solo. Io ho partecipato lo scorso anno alla partita che hanno organizzato a Frosinone, ovviamente a zero. Mi sono trovato molto bene con i ragazzi che in due mesi hanno messo in piedi una struttura importante e non si sapeva come sarebbe andata. L’idea secondo me è geniale. E poi tutto quello che è benefico è importante. Ci sono da strutturare diverse idee interessanti per renderlo anche appetibile.

Loro si sono fidati di me, io mi sono fidato di loro e quindi è nato questo rapporto per portare alcuni giocatori e cercare di dare più visibilità a questo evento, visto che ce n’è sempre bisogno e quindi è nata questa sinergia che adesso sta andando avanti. Abbiamo lavorato bene durante quest’anno e speriamo che il 31 maggio questo rapporto, questa collaborazione sia vera, nel senso che vada tutto bene, sia stata produttiva e la festa sia una una festa per tutti.

 “Romantico”… un’accezione che possiamo ancora dare al calcio di oggi? Ecco cosa ci ha risposto Tiribocchi:

È vero, la parola romantico si usa sempre meno, ma più che la parola è il concetto che si usa sempre meno, però è una parola bella. Io lavoro nel Monza e lo slogan del presidente, che purtroppo non c’è più e del nostro amministratore delegato, Galliani, è “sarà romantico”.

È un termine che fa pensare, che ti porta in altri tempi, un termine che ti fa credere che ci sia ancora la possibilità della bontà in giro, perché è un termine positivo. Dico sempre ai miei amici, scherzando, che io nasco romantico, nel senso che ho vissuto in un’altra epoca e mi piace molto quel discorso di poter pensare che io sia romantico. Poi il mondo ti porta a essere un po’ cinico, un po’ più calcolatore, il mondo va veloce e quindi ti adatti.

Cosa pensi di questo calcio contemporaneo che spesso mette in risalto personaggi piuttosto che persone?

La persona sceglie di fare il personaggio e il personaggio esce dalla persona. Ci sono tipologie diverse. C’è chi lo fa in maniera intelligente, perché ciò, in questo momento della nostra storia, ti porta ad avere più visibilità come personaggio piuttosto che la persona vera. Quindi c’è chi lo fa per interesse personale e quindi lo fa in maniera voluta, chi non riesce a uscire dal personaggio e chi una volta entrato ci sta bene e lo fa per tutta la vita. Credo che sia l’importanza che si dà a un qualcosa o a un qualcuno a fare la differenza, non tanto chi lo fa. Nel senso che se uno vuole fare il personaggio è una sua scelta. Però se questo viene messo in risalto da milioni e milioni di persone è normale che ha fatto bene.

Non giudico nessuno, in questo periodo della vita contemporanea funziona molto il social, funziona molto essere personaggio, fare qualcosa di diverso, perché siamo tutti uguali. Ben venga qualcuno che lo faccia con idee e la massa lo deve seguire se crede che sia giusto, e non perché sia una moda. Io sono sempre dell’idea che il successo a un certo momento finisce e devi essere bravo a reinventarti, a gestirlo, perché poi quando credi che sia tutto facile, quando credi che tutti parlano di te, quando credi che ce l’hai fatta, quando si spegne tutto è veramente complicata e dura. E lì rimani da solo.

Credi che le generazioni di oggi riescano ancora a cogliere il romanticismo di questo sport?

Manca un po’ di amor proprio, quindi quello che manca non è il romanticismo, ma è il legarsi. Il legarsi a una passione, il legarsi a una maglia, il legarsi a un’idea. Io giocavo a calcio perché non avevo alternative. Lo amavo, per me era tutto il calcio. Oggi ci sono tante distrazioni, tante cose in più che possono un po’ allontanarti dal calcio. Ci sono tanti altri Sport che hanno preso un’importanza che, magari all’epoca quando ero più giovane io, erano un pochino più deboli anche se molto interessanti.

Il romanticismo è attaccarsi a qualcosa e renderlo unico. In questo momento c’è un po’ più di distanza sia da parte del tifoso, sia da parte di chi inizia a giocare a calcio. Però non è solamente il mondo in cui viviamo, è anche, secondo me, negli ultimi anni, il calcio che viviamo. Nel senso che c’è tanta delusione a livello di Nazionale, tanta delusione per brutti episodi nel nostro calcio. Quindi un po’ ti porta a non vederlo più come una cosa romantica, ma una cosa un po’ più fredda.

In un calcio spesso paragonato a un’industria, ci sono comunque belle realtà, come ad esempio l’Atalanta. Da squadra di provincia a Big. Gasperini all’Atalanta come Ferguson al Manchester United? Paragone azzardato?

No, non è un paragone, mi viene in mente anche Wenger all’Arsenal. Sono quei cicli importanti che hanno dato tanto a delle piazze e poi quelle piazze si ricorderanno e ricorderanno anche quell’allenatore. Io credo che Gasperini abbia fatto e stia facendo un lavoro straordinario a Bergamo, è giusto che abbia questo paragone.

Ci sono alcuni allenatori che hanno dato tutto in alcune piazze e non è facile dopo tanti anni poter dare passione, voglia, insegnamento senza perdere quell’entusiasmo che poi ti porta a credere a qualcosa. Gasperini può essere paragonato a un allenatore o a degli allenatori molto più importanti di questo calcio. Ha dimostrato, è stato esonerato, ha fatto campionati anonimi, ha fatto campionati importanti, però ha dimostrato di essere sempre stato un innovatore, una persona che sapeva dove andare, che magari ha fatto il giro più lungo però alla fine all’Atalanta ha raccolto tutto quello che aveva seminato.

E poi il Bologna, in Europa dopo 22 anni. Quale è stato il valore aggiunto di Thiago Motta?

Thiago Motta è entrato in una realtà che sta costruendo da anni. Naturalmente ci sono dei passi veloci che alcune società possono fare, altre che possono fare con progettualità. Il Bologna è partito anni fa con un progetto interessante. Appena è riuscito a trovare la forza, un gruppo forte e soprattutto ha trovato un allenatore ambizioso ed emergente, con carisma, ha fatto il salto di qualità.

La squadra ha fatto benissimo, Thiago Motta è un allenatore molto forte, molto bravo, è un allenatore che poi sperimenta, prova, cambia ruolo, perché vede sempre qualcosa in qualche giocatore. È un allenatore che si mette in gioco ogni giorno. È un allenatore che si prende dei rischi, che sa quello che vuole e io lo vedo molto bene in un grande club perché è un allenatore che arriva dritto al punto. A Bologna ha fatto un lavoro straordinario, però ripeto non è da oggi che parte il Bologna con Thiago Motta. Il Bologna ha un percorso iniziato un po’ di tempo fa.

 Inzaghi, Italiano, lo stesso Motta. Il futuro del calcio italiano è roseo?

Ci sono poi tantissimi altri allenatori, perché noi siamo della scuola di Allegri, Spalletti, Capello, Trapattoni, sicuramente me ne dimentico qualcuno. Abbiamo la nostra storia per gli allenatori. Adesso abbiamo degli allenatori bravi. Abbiamo avuto un momento in cui forse si pensava di più all’avversario che a noi stessi. Ma questi nuovi allenatori stanno emergendo bene. Mi vengono poi in mente Dionisi, Zanetti. Ci sono allenatori giovani, emergenti. Lo stesso Palladino ha dimostrato a Monza di essere un bravissimo allenatore.

Quindi io credo che la nostra scuola andrà sempre avanti e che il coraggio delle idee alla fine premia e che forse negli anni passati abbiamo dato un po’ troppo risalto a quello che era il nostro modo vecchio di interpretare il calcio poco ai giovani. Per arrivare in Serie A dovevi fare una gavetta infinita e poi tante volte nemmeno ci arrivavi, sia da giocatore, sia da allenatore. Invece adesso c’è già la possibilità di allenare già in Serie A, lo sta dimostrando De Rossi che è subentrato a un mostro come Mourinho. Sta dimostrando il proprio valore. Il prossimo passo è quello di ricominciare a valorizzare per bene i nostri vivai che sono il nostro futuro.

Concludiamo ricordando ai nostri lettori l’appuntamento del 31 maggio…

Vi aspetto tutti mi raccomando il 31 maggio a Frosinone stadio Stirpe per l’evento CUR, che è un evento benefico e anche una partita di calcio. Ci sarò io, ci saranno tanti altri ex miei compagni. È importante che ci sia tanta presenza perché il ricavato andrà in beneficenza. Sarà una festa, sarà un evento importante, una bella partita, un modo diverso di stare insieme. Vi aspetto numerosi. A presto!