Calcio e criminalità, una “relazione” che dura da anni

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Sono passati diversi anni da “Calciopoli”, ma il connubio tra il pallone e la criminalità non è finito, anzi. Tornato alla ribalta per i recenti fatti accaduti nelle categorie minori, cerchiamo di capire come mai il calcio diventa “criminale”. Una possibile spiegazione è stata data qualche tempo fa da Raffaele Cantone, sostituto procuratore della DDA di Napoli:

“La criminalità organizzata sa che non c’è strumento migliore del calcio per costruirsi un legame duraturo con la popolazione e l’ambiente. Se il grande imprenditore alla Berlusconi, alla Cragnotti, alla Tanzi decide di investire nella proprietà di una squadra di football senza quasi mai guadagnarci è perché si aspetta ritorni di altro tipo: pubblicità, opportunità di mercato, nuovi rapporti. Il fine che muove le mafie è esattamente lo stesso”.

Citando qualche numero, possiamo dire che dal 2009 al 2014, le società calcistiche dalla Serie A alla Lega Pro, hanno accumulato perdite per 1,8 miliardi di euro. Il caso del Parma è solo la punta dell’iceberg di un problema che attanaglia il mondo del calcio ormai da diversi anni e che sembra non trovare, almeno per il momento, soluzioni decisive e definitive. Il pallone è anche un “rifugio” per il riciclaggio di denaro: l’acquisto delle società in crisi fa da ponte nella compravendita di giocatori, soprattutto all’estero, garantendo una chance di “ripulitura” del denaro sporco. A fare da contorno la gestione di biglietterie, bar, punti vendita, ristrutturazione degli stadi, gestione del mercato estero e anche la possibilità di inserirsi nel traffico di sostanze dopanti.

Ultimo, ma non meno importante il giro delle scommesse, intese come attività clandestina e come potere di manipolare gli incontri. Qualche esempio? L’Ndrangheta è partita dalle serie minori, fino ad arrivare sulla via Emilia dove le cosche sono inserite da decenni, come ha testimoniato la collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce, che ha chiarito come la squadra del Rosarno fosse da sempre proprietà della sua famiglia, fino alla confisca nel 2011 insieme all’Interpiana a seguito dell’inchiesta del 2011 “All Inside”. La Camorra invece ha “mascherato” le sue attività illecite sotto la passione calcistica e i casi di amicizia tra boss e giocatori non sono pochi. Come la mafia calabrese, anche quella napoletana ha scelto di scalare intere squadre, celebre il caso dei Casalesi e della Lazio. Per non essere da meno, la Sacra Corona Unita ha pensato di inserirsi nelle serie minori pugliesi, fino all’ultimo scandalo che ha coinvolto il Bari nelle scommesse, con l’inchiesta di Cremona ancora in corso.

Barbara Roviello Ghiringhelli