A Buenos Aires si consuma l’Apocalisse e a perdere non solo l’Argentina

Mentre si cerca di "aggiustare" le cose, sospendendo ancora una volta la Super-Finale che ieri era stata posticipata di ventiquattro ore fissandola per oggi 25 novembre alle 21.00 (ora italiana), la più grande sconfitta del senso sportivo, ma soprattutto civico e umano, si è consumata sotto gli occhi inermi e insieme colpevoli del mondo intero

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Ha dell’assurdo quanto accaduto e tuttora accade a Buenos Aires: che si trattasse di una partita fuori da ogni immaginazione se n’era già discusso alla vigilia e ancora prima del Superclasico più atteso di sempre e di una delle partite più attese di sempre. 

Intanto la Conmebol blocca tutto: “Non sono presenti le condizioni idonee affinché la partita si giochi”. Cambiamento di rotta quindi rispetto alle volontà, che nella giornata di ieri avevano suscitato parecchio scompiglio al momento della reiterata volontà di far disputare il match malgrado le condizioni fossero del tutto inopportune.

Ma cerchiamo di capire meglio quanto accaduto nelle scorse ore e quanto tuttora accade nella Capitale argentina.

La partita del secolo, quella che poche più di ventiquattro ore fa definivamo il regalo più grande che il calcio potesse regalarci, è stata una tragedia ben più ampia di quella che avevamo provato a spiegare in termini sudamericani, affidandoci a mistica ed etica. Di etico non c’è stato nulla; al contrario per le vie di Buenos Aires si è consumata un’apocalisse in termini civili e umani. Una tragedia che parte dalla strada ma che ancor più vergognosamente si consuma negli palazzi.

Chi dice che tutto ciò non finirà negli annali sbaglia tremendamente. Quanto accaduto nelle scorse ore nella capitale difficilmente potrà essere rimosso dalla memoria individuale e collettiva; a dirla tutta persino relegarlo a semplice memoriale finirebbe con l’essere un’ennesima mancanza di rispetto, una tacita accondiscendenza a quello che è uno, dieci cento passi indietro per il senso civico comune. Non argentino, non sudamericano, non d’occidente o d’oriente che sia, ma di tutti e per tutti. Una macchia della quale sono tutti quanti colpevoli; dalle istituzioni, alle forze degli ordini, passando per i tifosi.

Boca-autbus

E come li chiamate quelli che infangano il buon nome del calcio strumentalizzandolo come capro espiatorio ad una sete di distruzione che non guarda in faccia nessuno? Tifosi?

E allora diciamoci la verità: sciacalli, sciocchi e – per dirla con una punta di francesismo in meno – stronzi, sono da sempre esistiti, il problema sta nel chi ha sottovalutato la situazione, per negligenza o volontà – poco importa, o magari sì -, lasciando che l’apocalisse si consumasse davvero. Dazn mentre continuava a trasmettere l’immagine di quella telecamera fissa, raccontava di una guerriglia e di un caos degenerato non solo fuori dal Monumental e sugli spalti. Il vero scompiglio diventato diatriba è avvenuto ai cosiddetti tavoli rotondi che di rotondi non avevano nulla e a mancare non solo tavoli, diplomazia, empatia ma soprattutto senso di realtà e umanità. 

River-Boca-aggressioni

Dai social sbucano fuori foto del momento che ritraggono, tra la folla accanita contro l’autobus del Boca, tifosi del River, o pseudo tali, in vesti ambigue. Altrettante ambigue sono le voci che sovvengono da oltreoceano, e se c’è chi parla di gas al peperoncino lanciato dentro l’autoveicolo gialloblù, un’altra pista è quella secondo la quale gli xeneizes sono rimasti colpiti dai vetri sfondati da tifosi biancorossi ma intossicati dai lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine per sciogliere i nodi di tensione che hanno inevitabilmente intossicato i giocatori boquensi intrappolati in quel bersaglio neanche più così tanto mobile.  

Il preciso svolgimento dei fatti è ancora pressoché incerto malgrado le conseguenze e le ferite siano in mondovisione sotto gli occhi di tutti. Diversi i calciatori direttamente coinvolti: da Carlos Tevez Gago, Almendra, Benedetto intossicati dai lacrimogeni, fino a Pablo Perez e Lamardo trasportati in ospedale per qualche ferita, il capitano ha riportato tagli a un braccio e rimediato una lesione alla cornea.

Pablo Perez-ferito

Ma la cosa che fa scalpore, e che ha suscitato l’ira boquense, in particolar modo di Carlitos Tevez, è che il medico della Conmebol che aveva approvato il normale svolgimento della partita era lo stesso che per fatti simili, se non analoghi, tre anni fa aveva virato veso la decisione opposta. 

L’Apache non si risparmia nei toni e nelle accuse e come un fiume in piena non ferma il fiume di parole che in quel momento gli strazia il cuore. I colpi bassi in quella che sarebbe dovuta essere la partita del secolo sono stati parecchi.

Alla spaventosamente indegna negligenza di forze dell’ordine e istituzioni che avrebbero dovuto garantire l’assoluta impeccabilità circa le misure di sicurezza da attuare miserabilmente fallita, si aggiunge un altrettanto vergognoso tentativo della Conmebol di imporre il regolare svolgimento del match in condizioni tutt’altro che sicure e serene. Al cinismo ricorso nella decisione di far svolgere regolarmente la partita sottovalutando i danni psicologici, si aggiunge l’ulteriore negligenza e sottostima dei danni fisici e dei pericoli che si sarebbero corsi disputando il match mentre un preludio di guerra civile stava prendendo forma.

Le posizioni assunte consequenzialmente all’accaduto sono svariate e contrapposte. Anche il Presidente della Fifa Gianni Infantino era del canto secondo il quale la partita si sarebbe dovuta giocare con i giusti accorgimenti, accorgimenti che però stando alle cronache non sembrerebbero all’altezza di. Ad essere di diverso canto entrambe le squadre di comune accordo; l’indignazione del Boca suscitata dalle volontà della Conmebol non è affatto stata celata né eclissata, al contrario tutti i gialloblù si sono tenacemente opposti alla decisione   di disputare la partita.

River-Boca-caos

Intanto, mentre si cerca di “aggiustare” le cose, sospendendo ancora una volta il match che ieri era stato posticipato di ventiquattro ore e previsto per questa sera per le 21.00 (ora italiana), la più grande sconfitta del senso sportivo, ma soprattutto civico e umano, si è consumata sotto gli occhi inermi del mondo intero e mentre c’è chi se la ride con la malsana convinzione che sia un fatto circoscritto all’Argentina, rea di aver bruciato l’opportunità di farsi bella agli occhi del mondo, ad averci perso non è soltanto Buenos Aires o l’Argentina, tantomeno il Sud America; a perdere ieri è stata l’umanità intera, ma forse, anche in questo caso, la convulsa ricerca di un capro espiatorio è troppo trainante per lasciarci il tempo di sederci e riflettere a pieno. 

 

Egle Patanè

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