Bruno Pesaola, un napoletano nato all’estero

Bruno Pesaola nei suoi anni da giocatore e allenatore si innamorò a tal punto di Napoli da legare il suo nome alla città per sempre

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Bruno Pesaola
Foto: Picryl (https://picryl.com/amp/media/ac-fiorentina-bruno-pesaola-be29fe)

Bruno Pesaola fu un grande esempio di napoletanità ed evidenziò come fosse facile innamorarsi di Napoli pur non essendoci nato.

Napoli è una città per cuori buoni, per quelli che sanno amarne sia i pregi che i difetti. Bruno Pesaola era uno di questi.

Pesaola, argentino naturalizzato italiano, giunse nella città partenopea già da giocatore.

Dopo i gravi infortuni subiti con la Roma la sua carriera sembrava già segnata ma dopo la parentesi a Novara fu il promettente Napoli ad aprirgli le porte.

Con gli azzurri non riesce a togliersi la soddisfazione di uno scudetto ma forma un coppia d’attacco formidabile insieme a Jeppson. 

In otto anni al Napoli Pesaola fa sognare i partenopei e ne diventa il volto.

Emblematico il suo goal all’Inter nel gennaio del ’58 che per anni avrebbe aperto i titoli della Domenica Sportiva.

Con la fascia da capitano al braccio, Pesaola porta il Napoli ai vertici del campionato per giocarsela con la Juventus e le milanesi, un’utopia per il vecchio club partenopeo.

« Astuto come un argentino e ironico come un napoletano, non fece fatica a diventare l’alternativa calcistica e dialettica del Sud allo strapotere milanese di Rocco al Milan ed Herrera all’Inter »Sandro Sabatini.

Chiude la sua carriera con gli azzurri ma non riesce a stare lontano da Napoli e dai campi da gioco, quindi due anni dopo quando i partenopei subiscono l’incubo della retrocessione ecco che Pesaola interpreta il ruolo di allenatore. 

Pesaola regala al Napoli la promozione e la Coppa Italia.

Era un grande incitatore, riusciva sempre a tirare fuori il meglio dai suoi ragazzi pur mantenendo l’ambiente dello spogliatoio sempre tranquillo. I suoi astuti stratagemmi a bordo campo fecero storia (e scuola).

Sulla panchina del Napoli ritornerà anche qualche anno dopo, con la licenza adatta per allenare in Serie A. Egli darà inizio alla rivoluzione che più avanti avrebbe portato gli azzurri a lottare per lo scudetto.

Nonostante molti scontri societari Pesaola non ha mai tolto Napoli dal proprio cuore.

Come un napoletano vero sa che l’amore non è bello se non è litigarello.

A Napoli ci trascorrerà il resto della vita dopo le esperienze a Firenze e Bologna che chiudono definitivamente la sua carriera da allenatore nel calcio dei grandi.

Neanche con la maglia viola riesce a stare lontano da Napoli e i suoi rapporti con Ferlaino quasi gli costano la panchina viola.

Non importa quanti anni siano passati e quanti calciatori siano cambiati, quando il Napoli chiama Pesaola risponde. Come nel 1983, quando Pesaola prende la squadra a metà stagione per salvarla da una retrocessione che sembra certa.

Tanto cuore, tanta scaramanzia, un po’ di sana ironia… ci voleva uno come Pesaola per rialzare il molare dei partenopei, uno che stringe il rosario al momento del rigore decisivo.

Un uomo dalle emozioni forti, Bruno Pesaola, come solo i napoletani sanno essere. 

Alla fine a Napoli ci rimase a vivere, nel quartiere Vomero, e sempre nella bella città partenopea la terra gli fu lieve. Il suo cuore si fermò lì dove lui aveva deciso di appartenere. Nel 2009 il comune di Napoli gli assegna la cittadinanza onoraria.

« Sei il calcio che mi hanno raccontato, quello di mio padre che io ascoltavo incantato. Parlava di uomini e maglie e di epiche battaglie. Ti ritroverò ogni mattino nei miei sogni da bambino. Addio Petisso. » – così recitava uno striscione affisso al San Paolo dopo la sua morte.

Federica Vitali