Baggio-Mazzone, ricordo di un’amicizia intramontabile

Il ricordo della nascita di una grande amicizia

0
838

Che cosa ha rappresentato Baggio nella mia carriera? Mi ha reso bello il finale. Gestire Robi è stata una passeggiata. Era silenzioso, educato, rispettoso, umile. Non ha mai fatto pesare la sua grandezza. Era un amico che mi faceva vincere la domenica.

Queste le parole con cui Carlo Mazzone, sul proprio profilo Instagram, ricorda come il suo fiore all’occhiello, Roberto Baggio, approdò in quel di Brescia tra l’incredulità della gente. 

View this post on Instagram

“Un giorno apro il giornale e leggo che la Reggina sta trattando Baggio. Telefono a Cesare Medori, un amico di Roberto, una cara persona che non c’è più e gli chiedo: "Ti chiedo un piacere, chiamalo e fammi parlare con lui". Baggio mi disse che era vero ma che non era convinto perché non voleva allontanarsi dalla famiglia. Colsi al volo l’opportunità e gli chiesi: "Ti piacerebbe giocare a Brescia?". Roberto rispose: "Magari". Saltai in macchina, andai nell’ufficio del presidente Corioni e gli proposi: "Perché non portiamo Baggio a Brescia?". Corioni ci pensò un attimo e rispose: "Baggio è come il cacio sugli spaghetti". Roberto stava allenandosi a Caldogno, con il suo preparatore personale. Mi raccontò "Dribblo il mio preparatore e davanti ho il deserto". Questa è la storia dell’emarginazione di Roberto Baggio. Perché fu emarginato? Dicevano che era rotto. Un paio di allenatori importanti gli avevano fatto terra bruciata. Cattiverie… Da anni Roberto aveva un ginocchio che lo faceva tribolare, ma si curava. Si presentava agli allenamenti un’ora prima per fare fisioterapia e potenziamento ed era l’ultimo ad abbandonare il campo. E poi le partitelle con lui diventavano poesia… Che cosa ha rappresentato Baggio nella mia carriera? Mi ha reso bello il finale. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una magnifica esperienza. È stato difficile gestirlo? Gestire Robi è stata una passeggiata. Era silenzioso, educato, rispettoso, umile. Non ha mai fatto pesare la sua grandezza. Era un amico che mi faceva vincere la domenica. Baggio è stato uno dei più grandi calciatori italiani di sempre. Ma è stato più grande come uomo. Sì, lo posso dire: l’uomo supera il giocatore…”

A post shared by Carlo Mazzone (@carlomazzone795) on

Una telefonata buttata lì a provare qualcosa che aveva un che di assurdo: come poteva uno  come il Divin Codino, che aveva vestito le maglie più gloriose, calarsi in una realtà come quella delle Rondinelle?

Eppure Mazzone ci ha creduto dal primo momento e con il suo entusiasmo ha trascinato immediatamente il presidente Corioni che segue il suo mister nell’idea apparentemente folle ma destinata a divenire realtà.

Siamo nel 2000 e Roberto ha voglia di una sfida diversa, soprattutto ha tanta voglia di tornare a indossare la maglia Azzurra, quella con la quale dal 1994 ha un conto aperto che resta tutt’oggi doloroso per lui.

Per Baggio là dove c’è da lottare, va bene. E accetta. 

Il grande numero 10 si inserisce in un contesto che avrebbe fatto storia: con un Pirlo agli inizi della sua sfavillante carriera, Dario Hubner, i gemelli Filippini e in seguito addirittura un certo Josep Guardiola.

Baggio Guardiola
21 Apr 2002: Roberto Baggio of Brescia replaces Josep Guardiola of Brescia for his return from a career threatening injury during the Serie A match between Brescia and Fiorentina, played at the Mario Rigamonti Stadium, Brescia. DIGITAL IMAGE Mandatory Credit: Grazia Neri/Getty Images

Il Brescia è quel mondo fortunato che ha visto nascere un’amicizia solida e insolita tra un mister e un suo giocatore, un giocatore dalla vita splendida ma anche tanto difficile, con il dito sempre puntato contro da accuse di egoismi e atteggiamenti da prima donna.

Mazzone è per Roberto Baggio, finalmente, un porto sicuro e una sicura comprensione del suo animo complesso e denso di sfaccettature.

L’incontro di due anime prima che di due professionisti destinate a comprendersi senza fatica.

Baggio è stato uno dei più grandi calciatori italiani di sempre. Ma è stato più grande come uomo. Sì, lo posso dire: l’uomo supera il giocatore…

Un legame che resiste nel tempo e che restituisce la bellezza di quello che talvolta il calcio può generare.