La vendetta è un piatto che va servito freddo, e oggi era una di quelle giornate propizie a sferrare l’attacco controffensivo e sbandierare una rivalsa. Parigi, Stade de France, 27 giugno 2016.
Sono trascorsi otto anni e cinque giorni da quell’ormai lontano 22 giugno 2008 quando le furie spagnole hanno stroncato ai calci di rigore il percorso azzurro; ne sono passati, invece, quattro da quando, ancora gli spagnoli hanno alzato la coppa tra le lacrime azzurre dopo aver servito un poker alla Nazionale di Prandelli.
Da allora tante cose sono cambiate, primo fra tutti il tecnico. Da Cesare Prandelli ad Antonio Conte, sul quale, sono piovute critiche e sfiducia per la rosa con la quale ha deciso di affrontare questo Europeo e che adesso si prende meriti più che legittimati perché lui, evidentemente, il fiuto lo ha sempre avuto più fine, pure oggi che da battere c’erano i campioni d’Europa.
Come in Usa 1994 (ultima vittoria italiana sugli iberici), scendono in campo rispettivamente con le divise azzurre e bianche, altissima la tensione, tra gli spalti la paura fa 90 perché, beh, diciamocelo chiaramente, una vittoria così la puntavano veramente in pochi. E beati coloro che l’hanno fatto.
Dopo la prestazione impeccabile di Lione e la rivalsa contro gli svedesi, la partita con l’Irlanda aveva seminato sfiducia e malumore per le scelte di Conte e per le prestazioni della squadra nella totalità. Vero è che in campo contro i verdi si respirava una serenità ben diversa, una qualificazione già conquistata e una formazione da “Piano B”.
Il gol di Eder contro la Svezia di Ibra non ha lasciato scampo e dopo l’ilarità della vittoria arrivano le cattive nuove di uno sfortunato sorteggio che ha gettato nel più totale sconforto gli italiani. Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare ed ecco che non c’è più spazio per timori e distrazioni.
Conte schiera l’affezionatissimo 3-5-2 con il capitano in porta, Barzagli, Bonucci, Chiellini a protezione di Buffon, Florenzi, Parolo, De Rossi, Giaccherini e De Sciglio sulla linea centrale alle spalle della coppia d’attacco Pellé – Eder.
La Spagna scende in campo con il 4-3-3, in porta l’estremo difensore del Manchester United De Gea, Juanfran, Piqué, Ramos e Jordi Alba sulla linea difensiva, Fabregas, Busquets e Iniesta a centrocampo a supporto della triade offensiva David Silva, Morata, Nolito.
Sin dalla battuta d’inizio sono gli azzurri a prendere le redini del gioco conducendo un primo tempo dai ritmi altissimi. Non concedono nulla, o quasi, tenendo alti pressione e baricentro. Non c’è tempo di pensare e infatti gli spagnoli non riescono a pensare e a impostare la manovra offensiva, trascorre quasi metà della prima frazione di gioco affinché gli iberici riescano ad impostare un’azione d’attacco. E’ furia azzurra. Dopo qualche imprecisione sotto porta gli azzurri non riescono a trovare la rete prima del 33’; punizione di Eder che però finisce dritta sui guantoni di De Gea che non trattiene favorendo Giorgione Chiellini che, a pochi passi dalla linea bianca, non può che insaccarla mandando in estasi il pubblico azzurro presente allo Stade de France.
Fino allo scadere dei primi tre quarti di gioco il match continua fedele al copione recitato sin dall’inizio: dominio azzurro, assenteismo spagnolo.
Stessa storia con la ripresa di gioco, redini in mano agli azzurri e spagnoli che tentennano ma basta qualche minuto agli iberici per prendere in mano la situazione e tirar fuori, finalmente, un po’ di aggressività e, dopo cinque minuti dalla ripresa, Morata di testa impegna Buffon. Iniziano a farsi sentire i bianchi e i ritmi aumentano, da una parte e dall’altra. E’ ancora italiana, però, l’occasione più nitida ma, Eder davanti al portiere spreca la possibilità del raddoppio. Si svegliano del tutto le furie rosse e la partita si capovolge per qualche minuto. Spagnoli tutti in area d’attacco e azzurri a difendere, sfortunati i bianchi in qualche occasione ma, con Buffon, la porta è più che blindata. Non bastano Sergio Ramos di testa, tanto meno Iniesta: a esprimere dissenso prima il fato poi il capitano azzurro.
L’Italia sembra aver esaurito il carburante ma Conte innesca la miccia di ripartenza inserendo Insigne al posto di Eder: l’attaccante partenopeo si mostra repentinamente provvidenziale; all’84’ con un destro da cecchino, dalla distanza, tenta il colpaccio ma trova un piazzatissimo De Gea.
Il vero miracolo arriva a un minuto dalla fine quando Piqué sfiora il gol del pareggio trovando un tenace oppositore di nome Gianluigi Buffon. Quattro minuti di recupero, gli italiani vanno in apnea ma a un minuto e mezzo dall’avvio del cronometro, masterchef Pellè serve il dessert: 2-0 e la vendetta è servita, l’Italia batte la Spagna e vola ai quarti.
Superato il valico dei monti Iberici, ad attendere l’avanzata azzurra ci sarà un altro insormontabile ostacolo: l’oscura Foresta Nera.
Egle Patanè