Il giorno in cui l’urna ha decretato la sfida contro il Barcellona ai quarti di finale, tutti credevano che l’Atletico Madrid avrebbe salutato la Champions uscendo dalla porta di servizio. Invece i colchoneros sono scesi sul terreno di gioco intenzionati a vincere, riuscendo a conquistare l’accesso alla semifinale passando per l’entrata principale. Ieri sera hanno recuperato lo svantaggio della gara di andata (terminata 2-1 a favore dei blaugrana), replicando quanto successo il 9 aprile 2014, quando Koke con il suo gol eliminò i catalani dalla maggior competizione europea, dimostrando ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, il livello raggiunto da questo gruppo.
Un team targato Diego Pablo Simeone, un allenatore riuscito a trasmettere ai suoi ragazzi la mentalità giusta, quella vincente, capace di guidare il club a raggiungere obiettivi importanti nonostante il suo fatturato conti meno della metà di quello delle altre big. Aggressività in campo, cuore, attenzione alla fase difensiva, doti tecniche e grande orgoglio, tutte caratteristiche a cui si deve aggiungere il dodicesimo elemento parte della formazione del Cholo, il Vincente Calderon. Uno stadio in grado di trasmettere il suo calore ai giocatori e a quel tecnico così stimato, lo stesso che incita gli spettatori ad aumentare l’asticella dei decibel per far sentire ancor di più la propria presenza, così come fa con i suoi, spronandoli costantemente per rendere al massimo. Questo è Simeone, tattica, energia e tenacia a disposizione di chi lo circonda e una capacità straordinaria di fungere da ponte, durante un match, tra calciatori e tifosi, per creare un’atmosfera unica, una simbiosi magica. Il tecnico argentino assiste alle gare dalla panchina ma solo simbolicamente, perché per 90′ sembra essere sul prato a dettare i tempi di gioco a quelli che potrebbero essere i suoi compagni.
L’Atletico è squadra e lo è in tutti i suoi elementi, forse anche per questo ogni successo ottenuto assume un valore particolare e, come dice l’artefice di questa filosofia: “Con questo cuore possiamo andare lontano“. Questo è L’Atletico, questo è il “cholismo” e se è giunto fino ad Harvard, un motivo ci sarà.
Chiara Vernini