“La vita alla mia età, senza soldi, fa schifo #needawork”
Questo tweet fu pubblicato da Andrew Henry Robertson nel 2012, quando era uno sconosciuto 18enne che giocava a calcio nella quarta categoria del Queen’s Park e, per guadagnare, vendeva biglietti allo stadio di Glasgow.
Ma molte cose sono cambiate da quel tempo…
Porte in faccia e dura gavetta hanno caratterizzato la sua vita, fino a vincere una Champions, una Premier, e diventare il leader della sua Nazionale.
Classe 1994, nato a Glasgow, tifoso del Celtic.
Si appassiona al calcio grazie a suo padre Brian, che ha giocato a livello amatoriale.
A 9 anni saranno proprio gli Hoops ad accoglierlo.
Il talento era tangibile ma per i vertici del club era “Too small” e così, quando aveva appena 15 anni fu scaricato.
Quel rifiuto, quella delusione, sono, però, stati uno stimolo fondamentale per dimostrare agli scettici che si sbagliavano sul suo conto.
Il piccolo Robertson non rinuncia al suo sogno e continua a giocare con i dilettanti del Queens Park, quarta divisione scozzese.
Per arrotondare, siccome il club non gli garantiva uno stipendio, lavorava ogni giorno, dalle 9 di mattina alle 5 di pomeriggio, nella biglietteria del leggendario Hampden Park; due volte alla settimana, si allenava.
Dopo un anno, ad appena 16 anni, viene inserito in prima squadra e si ritroverà a giocare sui campi fangosi della Scottish Third Division.
A fine 2013 molti club si interessano al ragazzo, lui sceglierà il Dundee, ma l’ esperienza con gli arancio-neri di Scozia durerà una stagione, al termine della quale, però, viene premiato come miglior giovane (SPFA Young Player of the Year) e incluso nella squadra dell’anno della PFA Scozia. Merito anche del manager Jackie McNamara, un ex terzino che ha fornito al ragazzo gli stumenti per crescere.
Nell’estate del 2014 firma con l’Hull City e inizia la sua avventura in Premier League.
Durante questo suo primo anno in Premier, compirà 21 anni e lui, invece di festeggiare nel lusso trascorre il suo compleanno con pochi intimi e chiede ad ogni invitato di devolvere i soldi che avrebbero utilizzato per il regalo a un banco alimentare che aiuta i meno fortunati.
Al termine della stagione i Tigers retrocedono e, benchè Robertson fosse richiesto, lui decide di seguire i compagni in Championship e li ha aiutati a riprendersi la Premier nel 2016.
La cadetteria inglese sembra abbia completato il processo di maturazione del difensore tanto che, nella stagione 2016/17, nonostante debba far fronte alla seconda retrocessione in tre anni, risulterà tra i migliori terzini del campionato inglese.
Più che un terzino, Robertson è un esterno a tutto campo famoso per le sue corse spavalde e capace non solo di saltare gli avversari ma anche di mettere al centro dell’area cross precisissimi.
Dopo tre stagioni con la stessa maglia, con due retrocessioni e una promozione, le sue prestazioni copiscono in modo particolare Jurgen Klopp che, nel 2017, decide di portarlo a Liverpool per 8 milioni di sterline più bonus.
Partito come riserva di Alberto Moreno, pian pianino inizia a ritagliarsi il suo spazio e, quando un infortunio colpisce il pari ruolo spagnolo, Robertson sfrutta al meglio l’occasione e conquisterà, non solo il posto da titolare, ma anche i tifosi Scousers.
Grazie alla sua determinazione, gradita all’allenatore tedesco, mantenerrà il posto da titolare anche l’anno successivo, stagione nella quale i Reds conquistano la Champions League (2019), e gara dopo gara si è affermato sempre più come uno dei terzini sinistri più forti del calcio europeo.
Oltre alla Coppa dalle grandi orecchie, con i Reds conquisterà anche il campionato inglese, la Supercoppa e il Mondiale per Club.
Ad Anfield, ma non solo, è diventato una leggenda.
Robertson è anche il punto di riferimento, nonchè capitano, della nazionale scozzese nonostante abbia 27 anni.
Recentemente è stato elogiato per la sua ascesa ispiratrice: “È una storia magnifica… è un’ispirazione per tutti i giovani giocatori quando le persone dicono loro che non ce la faranno. Andare avanti. Devi andare avanti.”, ha detto ‘ex ct scozzese McLeish al Telegraph.
E’ diventato rapidamente parte integrante dell’assetto scozzese, in parte grazie al suo indubbio talento, ma anche grazie alle sue qualità di leadership e al suo instancabile impegno, evidenti già al suo esordio contro la Polonia (5 marzo 2014).
“Essere capitano del mio paese significa tutto per me”, ha detto a Sky Sports News.
Otto anni fa giocava nei campi fangosi della quarta divisione scozzese, ora calca palcoscenici europei e trascina i suoi connazionali a EURO 2020 con l’obiettivo di superare, per la prima volta, la fase a gironi.
Per uno come lui, tutto è possibile e ha ragione McLeish, la storia di Andy Robertson, è di grande ispirazione e insegna a non arrendersi mai.
Never give up!!! pic.twitter.com/z1Lg9CtHRU
— Andy Robertson (@andrewrobertso5) April 10, 2021