Andrés Iniesta ha passato tutta la sua vita calcistica tra i blaugrana con i quali è stato un campione assoluto, capace di intuizioni geniali, passaggi inaspettati, perfezione stilistica; con il suo addio al Barcellona si ammaina una delle bandiere più rappresentative del calcio spagnolo e mondiale
(Fonte fotografica La Repubblica.it)
C’era una volta un ragazzo con un dono naturale unico nel suo genere che, come in tutte le fiabe che si rispettano, era capace di fare delle vere e proprie magie con il pallone.
Una sorta di mago, un “Illusionista” (come è stato non a caso soprannominato) che in campo ha saputo trovare passaggi inaspettati, creare spazi incredibili, lavorare costantemente per la squadra, avendo sempre una straordinaria capacità intuitiva; con la maglia numero 8 ha saputo incantare ed incatenare alle sue gesta non solo i tifosi del Barcellona, ma anche ammaliare tutti gli amanti del calcio al di là dei colori.
Il mago altri non è che Andrés Iniesta, quel “don Andrés” emblema di quanto la perfezione nel mondo del calcio possa coincidere con l’assoluta naturalezza e di quanto un campione lo si vede anche dalle decisioni che prende.
L’ultima, la più clamorosa e sofferta, è di alcuni giorni fa quando con una commozione diventata contagiosa ha dato ufficialmente l’addio al Barcellona dimostrando saggezza ed umiltà nel riconoscere che era arrivato il momento del distacco.
(Fonte geografica Wikipedia)
Considerato uno dei migliori calciatori spagnoli di tutti i tempi, oltre che tra i migliore della sua generazione, Iniesta ha passato praticamente tutta la sua vita agonistica tra i blaugrana, protagonista di ben 32 trionfi della squadra dal suo esordio nella stagione 2002/2003 al gran finale con la vittoria nella Liga 2017/18, all’indomani della quale ha scelto non a caso di annunciare il ritiro dal club, andandosene da vincitore, dopo 22 anni tra giovanili e prima squadra.
Tanto per dare un’ idea sommaria della grandezza di questo fuoriclasse il palmares di Iniesta contempla 9 vittorie al Campionato Spagnolo, 7 Supercoppa di Spagna, 6 Coppa del Re, 4 Uefa Champions League, 3 Supercoppe Uefa e 3 Coppe del Mondo per Club; con la Nazionale spagnola ha vinto il Mondiale 2010 siglando due gol tra i quali quello decisivo nella finale di Johannesburg contro i Paesi Bassi.
(Fonte fotografica Wikipedia)
Nato nel 1984 in un paesino nella regione della Mancia, una famiglia impegnata a gestire un bar, viene iniziato al pallone proprio dagli uomini di casa: in particolare dal padre che di fronte ad un talento ogni giorno più evidente lo accompagna, a soli otto anni, a fare un provino per l’Albacete.
Provino superato, staffette per accompagnare il piccolo agli allenamenti a quasi 50 km di distanza: persino la scuola sembra intuire di avere tra le mani un futuro campione tanto da concedere qualche permesso speciale. Nel 1996, a 12 anni, durante un torneo la sua prestazione attira l’attenzione di molti club spagnoli, anche del Barcellona.
Il resto è storia.
Di lui si diceva già in tempi non sospetti che con il pallone danza; che è in grado di vedere il possibile gioco prima che questo avvenga nella realtà.
Di lui si diceva che immagina traiettorie, non si arrende mai e combatte, un pò come un moderno Don Chisciotte, personaggio nato dalla fantasia di Cervantes proprio nella stessa regione che ha dato i natali ad Iniesta.
Di lui si diceva allora e si dice ancora oggi sia una persona umile, di quelli che non si montano la testa; è emblematica una sua dichiarazione: “Quando avevo 12 anni, mio padre per comprarmi le Predator ci mise due mesi di risparmi. Sono contento di portare sempre quel modello perché mi ricorda da dove sono partito e quanto conti rimanere umile”.
Con Iniesta si ammaina una bandiera dai colori blugranata.
Si rialzerà, in qualche modo, certamente diverso, una bandiera, in una terra lontana, la Cina, dove pare certo Iniesta porterà il suo estro calcistico.
Ma è la fine di un’epoca, un amarcord già iniziato.
Silvia Sanmory
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