Aguero e l’addio al calcio: le lacrime che fanno male allo sport più bello del mondo

Il fuoriclasse argentino, la sua sofferta decisione di abbandonare la carriera calcistica per problemi di salute e la fine di un'epoca in cui è stato uno dei goleador più prolifici

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fonte immagine: profilo twitter uff @aguerosergiokun

Il fuoriclasse argentino, la sua sofferta decisione di abbandonare la carriera calcistica per problemi di salute e la fine di un’epoca in cui è stato uno dei goleador più prolifici

A soli 33 anni, Sergio Leonel Agüero Del Castillo, conosciuto solo come Sergio Aguero, ha comunicato la sofferta decisione di lasciare il calcio a seguito di una aritmia cardiaca incompatibile con l’attività agonistica.

L’attaccante era stato colpito lo scorso 30 ottobre, da un malore durante la partita dei blaugrana contro l’Alaves.

La decisione di appendere gli scarpini al chiodo non è stata certo avventata o affrettata ma, ci scommettiamo, oltremodo sofferta.

Le lacrime del “Kun” durante la conferenza stampa a Barcellona, che ha visto anche la presenza di Pep Guardiola, ne sono la prova lampante.

Il calcio con questo abbandono perde una delle sue stelle più luminose, un attaccante con “il vizio del gol”, con una media realizzativa incredibile.

La sua carriera, a partire dagli esordi con l’Independiente, fino alla quinquennale avventura a Madrid sponda Atletico e alla lunghissima permanenza in quel di Manchester sponda City, ne hanno segnato il cammino con il pallone ai piedi.

Un attaccante che molte prestigiose squadre, nel corso di questi quindici anni, hanno richiesto per sé, durante le sessioni di calciomercato.

Ai club si aggiunge la presenza costante nella mitica nazionale albiceleste, con la quale ha segnato in tutto ben 42 reti.

Numeri da capogiro quelli di Aguero, che a leggerli, fanno ancora più male oggi, nell’apprendere del suo ritiro.

Trentatré anni possono sembrare già tanti per un giocatore. Per uno con la sua esperienza no.

Per uno che ha scelto il Barcellona come approdo per la sua maturità professionale, trentatré anni prima di quel 30 ottobre sono solo in dettaglio.

Perché a quell’età hai ancora voglia di dare il meglio, di gareggiare e vincere, di entrare magari nella storia.

Ma la vita scompiglia le carte nel mazzo e quando un campione lascia l’attività agonistica, ne resta il ricordo della bellezza sprigionata in campo palla al piede.

È nell’ordine naturale delle cose. Ma se si saluta definitamente per motivi di salute, allora è spesso l’empatia, mista al rimpianto, per quello che di bello ancora il campione avrebbe potuto regalare a sé stesso, ai suoi tifosi e a chi in generale, ama il calcio.

Però la salute prima di tutto ed ora più che mai e se per Aguero si è palesata un’alternativa, questa è stata sicuramente quella di vivere.
A volte il calcio non è una storia d’amore a lieto fine.

A lui e a chi ha dovuto fare questa dolorosa scelta, tanta fortuna per il futuro nel segno di quello che si è stati.

Simona Cannaò