3 giugno 2017: Piazza San Carlo, quella maledetta notte di follia

Era il 3 giugno 2017 quando Piazza San Carlo è diventata un teatro di sangue e terrore

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Piazza San Carlo

È il 3 giugno 2017 e in piazza San Carlo, oltre 30mila persone sono accorse per assistere alla proiezione della finale di Champions League tra la Juventus e Real Madrid, in programma a Cardiff.

Quel giorno il centro di Torino era letteralmente colorato di bianconero: tifosi da tutta Italia, sciarpe, magliette, bandiere; si respirava tanto entusiasmo e adrenalina.

La voglia di essere nel cuore della città e il sogno di essere parte a quell’eventuale unico grido “GOL” che sarebbe riecheggiato da quella piazza fino a tutta Europa aveva indotto molti a essere lì, accalcati, in mezzo a una folla di fratelli bianconeri.

Nessuno avrebbe immaginato che tra la moltitudine di tifosi si sarebbe intrufolato chi non aveva a cuore quella gara e voleva solo recare danno.

Nessuno aveva previsto quel che invece è accaduto.

Un botto, il panico, il fuggi fuggi generale.
Nulla a che vedere con la partita ma l’inizio di una tragedia.

Vertri, sangue, scarpe o qualsiasi tipo di oggetto disseminato in quella piazza.

Pianti, lamenti, grida, gente spaesata e terrorizzata e alla fine il bilancio sarà di 1500 feriti – alcuni in gravi condizioni- e due vittime.

Tra questi Kelvin, un bambino di appena sette anni, ricoverato in terapia intensiva per dieci giorni. Il piccolo, che per due giorni era rimasto in coma a causa di un grave trauma toracico, ha tenuti tutti col fiato sospeso ma, per fortuna, ce l’ha fatta.

Ma, quella notte di follia reca, a distanza di anni il nome di due donne, Erika e Marisa. 

Erika Pioletti, trentotto anni, era in piazza con il fidanzato ma è stata schiacciata dalla calca. Dopo giorni di agonia, non ha mai più ripreso conoscenza e dopo dodici giorni se n’è andata.

Marisa Amato passeggiava con il marito per le vie del centro cittadino ma fu travolta dalla folla in fuga. Dopo essere rimasta tetraplegica, ha vissuto un calvario lunghissimo per poi spegnersi.

Il tempo passa ma non cancellerà mai l’episodio che ha segnato la vita di molti: cicatrici sulla pelle ma anche attimi di terrore indescrivibili, indelebili.