E’ il 22 maggio, non a caso, e noi parleremo di lui oggi e non ieri, per motivi che, chi lo conosce, non faticherebbe a decifrare. L’uomo del triplete, l’uomo che ha fatto sognare e piangere milioni di bambini e non solo bambini, perché nel calcio funziona così; si gioisce, si salta, ci si abbraccia e all’occorrenza si piange, tutti insieme, grandi e piccini.
Era il 22 maggio 2010 quando Diego Alberto Milito segnava la doppietta più bella della sua carriera, scriveva la storia dell’Inter e del calcio italiano, lasciava una firma, anzi due, nella storia del calcio. Lui, l’uomo decisivo della stagione, goleador a Roma in finale contro i giallorossi il 5 maggio, a Siena il 16 maggio cucendo il quinto scudetto consecutivo per i nerazzurri all’ultima giornata con la Roma alle calcagna che sperava in un miracolo e, soprattutto, segnava a Madrid la notte del 22 maggio contro il Bayern Monaco, in finale di Champions. Segnava al 35’ e poi ancora lui, 35 minuti dopo, al 70’ su assist di Eto’o, una finta, in area e ancora lui: era il 2-0 per l’Inter, esplodeva il Bernabeu e il cuore dei milioni di interisti di tutto il mondo che, come la coreografia recitava “Ora insieme coroniamo il sogno”, quel sogno lo stavano coronando davvero. E “Il principe diventa re nella notte di Madrid”.
Quella notte segnava due gol, il 22 maggio con la maglia numero 22 e chissà cosa hanno pensato gli interisti quando, grazie al Principe, finalmente la coppa dalle grandi orecchie tornava a Milano, dopo 45 lunghi anni.
Lo hanno amato, idolatrato, c’è chi se l’è addirittura tatuato, venerandolo come un vero e proprio Dio. Lui, lo stesso Milito che la stagione precedente era “Quello che vuole soffiare il titolo di capocannoniere a Ibra”, quello che ha sostituito Ibra e che, volente o nolente, dovevi accettare perché così era stato scelto: Milito al posto di Ibrahimovic che voleva andarsene al Barcellona, per vincere la Champions.
Sono passati sei anni da allora, eppure, noi siamo ancora qui a scrivere di lui, nonostante all’Italia e all’Europa abbia detto addio nel 2014 quando decise di tornare al Racing, club argentino nel quale ha giocato dal 1999 al 2004 prima di trasferirsi al Genoa.
“Dovevo tornare a casa al Racing. Il mio sogno, dal principio, era finire con questi colori. E di finire bene”.
E così fu. Torna a casa, vince un campionato e indossa la fascia da capitano; adesso le soddisfazioni sono arrivate proprio tutte, ed è anche arrivato il momento di salutare. E così fu. Ieri si è giocata Racing – Temperley e Milito è entrato in campo per l’ultima volta, almeno da calciatore. Ha salutato commosso i suoi tifosi e il mondo del calcio nel suo stadio come aveva sempre sognato, a casa sua, con il suo popolo e la sua gente, dove era nato e diventato grande, dove tutto è cominciato; lo stesso posto che lo ha visto bambino, lo ha visto crescere e partire da uomo e accolto, al suo ritorno, da leggenda. Ora Milito può davvero appendere le scarpette al chiodo e, per coincidenza il cerchio si chiude perfettamente. Lo stesso giorno nel quale è diventato leggenda, saluta il calcio; bizzarra coincidenza! La partita si è conclusa quando, in Europa, era già scattata la mezzanotte e quindi, ancora una volta Milito è protagonista di un altro 22 maggio.
I club nei quali ha militato hanno reso omaggio al Principe, il Racing ha organizzato una cerimonia di addio indossando le magliette con su il numero 22 e la scritta “Gracias Milito”.
❤️ #Milito dà l'addio al calcio.
“Io mi dico è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati”. (De André) pic.twitter.com/DlX716f6WY
— Genoa CFC (@GenoaCFC) May 21, 2016
Il Genoa lo ha omaggiato con un tweet sulle note di De Andrè; l’Inter con un tweet di gratitudine e di auspicio.
Insieme abbiamo scritto la storia. Buona fortuna Diego #Milito, per sempre Principe! ? #QuieroVerteOtraVez #FCIM pic.twitter.com/sQBWoIASmi
— F.C. Internazionale (@Inter) May 21, 2016
Egle Patané